Rapporto sul volontariato della Croce Rossa Italiana: quando dare vuol dire ricevere
Un questionario on line per conoscere meglio il profilo socio-demografico dei volontari,
le modalità e i contenuti delle loro attività, ma anche opinioni e aspettative di
quanti scelgono la “professione” dell’altruismo. Lo hanno realizzato Croce Rossa Italiana
e Censis e i dati sono confluiti in un Rapporto presentato a Roma. Protagonisti,oltre
3000 volontari, dai 15 ai 93 anni di tutta Italia. Un campione significativo specchio
di una comunità coesa ed entusiasta, come racconta al microfono di Gabriella Ceraso,
Beatrice Mariani che per la Croce Rossa ha redatto il rapporto:
R. - Già il
fatto che ci abbiano risposto oltre tre mila persone, per noi è un grande successo.
Soprattutto, dimostra che sono persone che hanno voglia di partecipare, di raccontare
e dare suggerimenti.
D. - Ne esce fuori un’immagine basata su un impegno costante
ed anche significativo, ma un impegno che dà entusiasmo e che appaga...
R.
- Tantissimo. Ne esce l’immagine di persone che sono, innanzitutto, felici di quello
che fanno. Le parole più ricorrenti che usano sono: “Il farlo mi dà un senso di soddisfazione
e di utilità, che nient’altro mi dà”. Raccontano di farlo perché è uno scambio: fare
del bene, fa del bene a chi lo fa. Nelle loro parole sembra quasi qualcosa di cui
non si può fare a meno, infatti, in una domanda chiediamo se pensano di rimanere in
Croce Rossa e, sostanzialmente, dicono tutti di sì.
D. - Nasce da esigenze
quotidiane e nasce da una spinta che è del territorio e dell’ambiente più prossimo…
R.
- Sì, hanno cominciato a farlo per delle piccole esigenze quotidiane, perché hanno
visto un problema nella loro comunità, perché ne hanno sentito parlare da amici, a
volte anche da famigliari. Qualcuno racconta di considerare volontariato - e questo
è giusto - anche dei gesti minuscoli, eppure sono consapevoli di come questo piccolo
gesto possa invece migliorare la vita degli altri. Ci sono poi situazioni estreme
ed importanti: in quelle situazioni, naturalmente, loro sentono un’enorme responsabilità
di rappresentare qualcuno di cui la gente si fida; quindi, sono anche consapevoli
di dover essere preparati, seri e formati.
D. - Un lavoro, che non è un lavoro
di “super-eroi”, ma comunque è il profilo di persone che si sono volute mettere in
gioco e lo fanno con coraggio ed impegno…
R. - Loro hanno detto proprio questo:
questo lavoro lo può fare chiunque, non occorre essere un super-eroe. Loro non si
sento super-eroi, si sentono persone normali, che alla domanda: “Cosa posso fare”,
hanno risposto “Posso fare questo” e quindi hanno cominciato a farlo. Questo è un
messaggio, ovviamente, di incoraggiamento per tutti, perché questa risposta fa capire
a tutti di come in ognuno di noi ci sia questa possibilità e di questo loro sono convinti.
Naturalmente, poi puntano soprattutto sui giovani.
D. - Il fatto che sia un
impegno, ma non sia un lavoro retribuito, in qualcuno - anche nel sondaggio che voi
avete fatto - pesa, oppure, potrebbe essere qualcosa di scoraggiante per diffondere
il messaggio del volontariato?
R. - No, affatto, tutto il contrario. Spesso
loro si sentono chiedere dagli altri: “Ma chi te lo fa fare?”, oppure, gli chiedono
proprio “Ma ti pagano per fare questo?”. Loro rispondono: “Lo faccio perché quello
che mi dà è più di qualsiasi cifra, è più del denaro, è qualcosa che non potrei avere
in altro modo”. Sono convinti di avere qualcosa dal volontariato e anche quando ci
sono dei problemi, perché sicuramente ci sono e loro li mettono anche in evidenza
- a volte è la mancanza di mezzi, raccontano di non avere le divise a disposizione,
di avere mezzi vecchi che andrebbero aggiustati - però, non si scoraggiano mai. Spesso
dicono: “In fondo, sono venuto per aiutare e, a questo punto, aiuto anche in queste
condizioni. Non mi spavento”.
D. - Quali sono i modi per migliorare questo
ambito che avete raccolto attraverso il questionario?
R. - Sicuramente, quello
che più hanno sottolineato è, appunto, l’inadeguatezza dei mezzi - che però è qualcosa
che possiamo immaginare anche a livello più ampio - e qualche difficoltà di comunicazione,
essendo la Croce Rossa molto ramificata sul territorio. Manifestano soprattutto questo
tipo di esigenza, di essere in qualche modo maggiormente una rete.
D. - Conferme
che le sono arrivate dalle voci, da questo rapporto stesso e delle sorprese…
R.
- La sorpresa è forse l’unicità del linguaggio: parlano tutti allo stesso modo, perché
vivono tutti allo stesso modo il volontariato. È una coesione forte.