2013-01-12 16:16:11

Rapporto sul volontariato della Croce Rossa Italiana: quando dare vuol dire ricevere


Un questionario on line per conoscere meglio il profilo socio-demografico dei volontari, le modalità e i contenuti delle loro attività, ma anche opinioni e aspettative di quanti scelgono la “professione” dell’altruismo. Lo hanno realizzato Croce Rossa Italiana e Censis e i dati sono confluiti in un Rapporto presentato a Roma. Protagonisti,oltre 3000 volontari, dai 15 ai 93 anni di tutta Italia. Un campione significativo specchio di una comunità coesa ed entusiasta, come racconta al microfono di Gabriella Ceraso, Beatrice Mariani che per la Croce Rossa ha redatto il rapporto:RealAudioMP3

R. - Già il fatto che ci abbiano risposto oltre tre mila persone, per noi è un grande successo. Soprattutto, dimostra che sono persone che hanno voglia di partecipare, di raccontare e dare suggerimenti.

D. - Ne esce fuori un’immagine basata su un impegno costante ed anche significativo, ma un impegno che dà entusiasmo e che appaga...

R. - Tantissimo. Ne esce l’immagine di persone che sono, innanzitutto, felici di quello che fanno. Le parole più ricorrenti che usano sono: “Il farlo mi dà un senso di soddisfazione e di utilità, che nient’altro mi dà”. Raccontano di farlo perché è uno scambio: fare del bene, fa del bene a chi lo fa. Nelle loro parole sembra quasi qualcosa di cui non si può fare a meno, infatti, in una domanda chiediamo se pensano di rimanere in Croce Rossa e, sostanzialmente, dicono tutti di sì.

D. - Nasce da esigenze quotidiane e nasce da una spinta che è del territorio e dell’ambiente più prossimo…

R. - Sì, hanno cominciato a farlo per delle piccole esigenze quotidiane, perché hanno visto un problema nella loro comunità, perché ne hanno sentito parlare da amici, a volte anche da famigliari. Qualcuno racconta di considerare volontariato - e questo è giusto - anche dei gesti minuscoli, eppure sono consapevoli di come questo piccolo gesto possa invece migliorare la vita degli altri. Ci sono poi situazioni estreme ed importanti: in quelle situazioni, naturalmente, loro sentono un’enorme responsabilità di rappresentare qualcuno di cui la gente si fida; quindi, sono anche consapevoli di dover essere preparati, seri e formati.

D. - Un lavoro, che non è un lavoro di “super-eroi”, ma comunque è il profilo di persone che si sono volute mettere in gioco e lo fanno con coraggio ed impegno…

R. - Loro hanno detto proprio questo: questo lavoro lo può fare chiunque, non occorre essere un super-eroe. Loro non si sento super-eroi, si sentono persone normali, che alla domanda: “Cosa posso fare”, hanno risposto “Posso fare questo” e quindi hanno cominciato a farlo. Questo è un messaggio, ovviamente, di incoraggiamento per tutti, perché questa risposta fa capire a tutti di come in ognuno di noi ci sia questa possibilità e di questo loro sono convinti. Naturalmente, poi puntano soprattutto sui giovani.

D. - Il fatto che sia un impegno, ma non sia un lavoro retribuito, in qualcuno - anche nel sondaggio che voi avete fatto - pesa, oppure, potrebbe essere qualcosa di scoraggiante per diffondere il messaggio del volontariato?

R. - No, affatto, tutto il contrario. Spesso loro si sentono chiedere dagli altri: “Ma chi te lo fa fare?”, oppure, gli chiedono proprio “Ma ti pagano per fare questo?”. Loro rispondono: “Lo faccio perché quello che mi dà è più di qualsiasi cifra, è più del denaro, è qualcosa che non potrei avere in altro modo”. Sono convinti di avere qualcosa dal volontariato e anche quando ci sono dei problemi, perché sicuramente ci sono e loro li mettono anche in evidenza - a volte è la mancanza di mezzi, raccontano di non avere le divise a disposizione, di avere mezzi vecchi che andrebbero aggiustati - però, non si scoraggiano mai. Spesso dicono: “In fondo, sono venuto per aiutare e, a questo punto, aiuto anche in queste condizioni. Non mi spavento”.

D. - Quali sono i modi per migliorare questo ambito che avete raccolto attraverso il questionario?

R. - Sicuramente, quello che più hanno sottolineato è, appunto, l’inadeguatezza dei mezzi - che però è qualcosa che possiamo immaginare anche a livello più ampio - e qualche difficoltà di comunicazione, essendo la Croce Rossa molto ramificata sul territorio. Manifestano soprattutto questo tipo di esigenza, di essere in qualche modo maggiormente una rete.

D. - Conferme che le sono arrivate dalle voci, da questo rapporto stesso e delle sorprese…

R. - La sorpresa è forse l’unicità del linguaggio: parlano tutti allo stesso modo, perché vivono tutti allo stesso modo il volontariato. È una coesione forte.







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