Terremoto d'Emilia. Chiese provvisorie e 15 milioni di euro per recuperare quelle
storiche
In Emilia Romagna, a sette mesi dal terremoto l’emergenza rimane quella delle fabbriche
distrutte e della mancanza di lavoro e di case per tante famiglie. In un lento ritorno
alla normalità, le chiese locali si impegnano con le Caritas parrocchiali e nel garantire
luoghi dignitosi per la vita liturgica e pastorale. Il servizio di Luca Tentori:
Aperte per terremoto.
Succede alle rare chiese ancora agibili nel vasto cratere del sisma emiliano che nel
maggio scorso ha sconvolto un terzo della regione. I tendoni provvisori adibiti a
luoghi di culto si sono moltiplicati nell’emergenza, ma ora i fedeli tornano a chiedere
e visitare numerosi chiese più dignitose, in muratura, o per lo meno non di plastica.
I disagi delle tensostrutture sono molteplici con il passare dei mesi e non garantiscono
una serena vita liturgica e di preghiera. In questi giorni, nella diocesi di Bologna
sono partiti tre nuovi cantieri per garantire edifici di culto provvisori alle popolose
parrocchie di Crevalcore, Penzale e Renazzo. A breve i lavori partiranno anche a Sant’Agostino
e Mirabello. Qui gli interventi di recupero o ricostruzione saranno molto lunghi perché
le chiese sono distrutte o gravemente lesionate.
E proprio una delle principali
preoccupazioni dell’arcivescovo di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra, è stata fin
da subito quella di garantire luoghi di preghiera alle sue comunità. Di pari passo
all’impegno delle Caritas per le famiglie senza casa e senza lavoro, la chiesa bolognese
è subito scesa in campo offrendo alle comunità progetti di chiese provvisorie realizzati
in estate. Sono edifici confortevoli, esteticamente gradevoli, a risparmio energetico,
pensati per dignitose celebrazioni liturgiche e che cominceranno a entrare in funzione,
probabilmente, per le festività pasquali. Il cammino per la realizzazione non è stato
semplice, tant’è che nei mesi scorsi il cardinale Caffarra è sceso in campo in prima
persona con un vero e proprio “grido di dolore” per gli innumerevoli rallentamenti
burocratici e amministrativi che lambivano la stessa libertà di culto.
A dicembre
2012, la Regione Emilia Romagna ha approvato un programma di interventi immediati
per la riapertura delle chiese con finanziamenti pari a 15 milioni di euro. I 64 edifici
coinvolti nel progetto appartengono alle sei diocesi colpite dal sisma e sono tra
quelle che necessitano di meno interventi. Il patrimonio ecclesiale è stato quello
più duramente colpito in questa fetta di pianura padana dove mancano all’appello della
geografia, della storia e delle coscienze chiese e campanili. I numeri dei danni in
regione raccontato da soli il sisma: 782 edifici coinvolti di cui 421 chiese, 112
campanili, 123 case canoniche, 46 scuole, 47 opere parrocchiali e 33 immobili dedicati
ad altre finalità.