Mons. Chacour: a rischio l'esistenza dei cristiani in Terra Santa
I vescovi europei e nord-americani, nella loro missione in Terra Santa, hanno toccato
con mano le difficoltà delle comunità cristiane locali. La nostra inviata Veronica
Scarisbrick ne ha parlato con l’arcivescovo greco-melkita Elias Chacour:
R. – We had
a continued crisis... La crisi è continua da quando siamo diventati una minoranza,
cioè dalla creazione dello Stato d’Israele. E in quanto minoranza abbiamo problemi
che minacciano l’esistenza stessa dei palestinesi cristiani e la loro presenza in
Terra Santa.
D. – Può menzionarne alcuni?
R. – Yes, I can... Certo.
Le faccio un esempio molto semplice. Abbiamo le nostre scuole cristiane in Israele.
Il Ministero dell’Istruzione versa i sussidi per i bambini di qualsiasi scuola, ma
è stata fatta un’eccezione per le scuole cristiane. Non solo ci danno meno della metà
dei sussidi, ma continuano a ridurli sempre più. Rischiamo, quindi, di chiudere le
nostre scuole. E le nostre scuole non sono semplicemente “scuole”: sono luoghi dove
cristiani, musulmani, drusi e ragazzi di altri confessioni imparano a vivere insieme.
Questo potrebbe non essere più possibile e ci addolora molto.
D. – Per i cristiani
di tutto il mondo la Terra Santa continua a rimanere un luogo importante...
R.
– The Holy Places are extremely important... I Luoghi Santi sono estremamente importanti
e sono grato per tutti quei cristiani che se ne prendono cura. Ma è giunto il momento
di chiedersi quale possa essere il significato dei Luoghi Santi se non ci sono più
cristiani; qual è l’importanza delle pietre sante di questa terra se non ci sono più
pietre vive? Rivolgo un appello ai cristiani perché vengano qui in pellegrinaggio.
Venite, ma dopo aver visitato le reliquie, le pietre, le antichità, incontrate anche
le comunità cristiane locali! Saranno felici di riceverli, di condividere un pasto
con loro; non chiederanno denaro, ma amicizia e solidarietà. Penso che lo meritino.
Sui
rapporti ecumenici in Terra Santa ascoltiamo mons. William Shomali, vescovo
ausiliare del Patriarcato latino di Gerusalemme, al microfono di Veronica Scarisbrick:
D. - Lei è
l’ausiliare di Gerusalemme: a livello ecumenico qual è la situazione qui?
R.
- Facciamo sforzi seri con i nostri fratelli ortodossi, ma anche anglicani e luterani,
per convivere insieme, radunarci e discutere insieme i problemi che riguardano le
nostre Chiese. Lo facciamo ogni due mesi, nel Patriarcato ortodosso: ci sono i vescovi
e i patriarchi che vengono e discutono. Incominciamo i nostri incontri con la preghiera.
Questo prima non accadeva, iniziavamo senza preghiera, ma adesso abbiamo insistito
perché se i vescovi si incontrano deve esserci qualcosa che unisce: la preghiera.
D.
- Per quanto riguarda la celebrazione della Pasqua nello stesso giorno?
R.
- Abbiamo unificato il calendario nelle nostre parrocchie in Israele, Giordania, Cipro
e gran parte delle parrocchie palestinesi. Questo è un passo avanti, anche se non
è soddisfacente, perché le varie comunità cristiane di Gerusalemme e Betlemme non
hanno accolto questa decisione; ma è comunque un passo in avanti che abbiamo fatto
per soddisfare i bisogni della gente. E’ la gente che ha fatto pressione sul clero
per unificare la festa di Pasqua. In questo modo, abbiamo unificato, almeno in parte,
il Tempo di Quaresima e il Tempo pasquale: si tratta di 100 giorni che ci vedono celebrare
insieme.
D. - … ma non a Gerusalemme e Betlemme…
R. - Fatta eccezione
per Gerusalemme e Betlemme, a causa dello status quo dei luoghi santi, ma anche per
l’afflusso di pellegrini che vengono a celebrare la Pasqua con noi. Abbiamo cercato
di essere attenti anche alle esigenze dei pellegrini.
D. – Quale rapporto
avete con i musulmani e gli ebrei?
R. - Eccetto una minoranza di fondamentalisti,
possiamo dire che siamo molto rispettati da musulmani ed ebrei e, anche a livello
dei diversi governi, i cristiani hanno la piena libertà della pratica religiosa. Sentiamo
questo rispetto sia da parte dei leader palestinesi sia dai leader israeliani: i cristiani
sono i benvenuti, sono cittadini in piena regola e sono cittadini rispettosi delle
leggi civili. Noi non abbiamo problemi come cristiani - a livello dei diversi governi
- ma abbiamo bisogno anche di avere la libertà di coscienza, di conversione, un diritto
che non è ancora concesso ai cristiani nei Paesi arabi.