Rapporto Open doors 2013: persecuzioni religiose nel mondo, rischio islamizzazione
in Medio Oriente
E’ in crescita la consapevolezza del dramma delle persecuzioni a sfondo religioso,
ma i dati confermano un fenomeno drammatico nel mondo che colpisce in maggior numero
i cristiani. E’ quanto emerge dal Rapporto “Open doors 2013”, nel quale si legge che
in Corea del Nord circa 70 mila fedeli sono detenuti in campi di lavoro. Ma anche
che la Cina è scesa dal 21.mo al 37.mo posto nella classifica dei Paesi più intolleranti.
Di persecuzioni e in particolare di quanto sta avvenendo in Medio Oriente e Nord Africa,
Fausta Speranza ha parlato con Marta Petrosillo, portavoce di Aiuto
alla Chiesa che soffre:
R. – C’è molta
attenzione riguardo a quanto sta accadendo in Medio Oriente e Nord Africa, mentre
persistono altre situazioni critiche, ad esempio in Cina ed in altri Paesi come il
Myanmar e la Corea del Nord.
D. – Guardiamo in particolare al Medio Oriente
e al Nord Africa: ci sono dei conflitti, ci sono degli scontri, ci è anche però un
processo di islamizzazione in atto. E’ così?
R. – Sì, si può parlare di islamizzazione.
Diciamo che, dal punto di vista della minoranza cristiana, alla speranza suscitata
dalla "primavera araba" è seguito un periodo di disillusione. Questo perché innanzitutto
i ragazzi che erano scesi in piazza durante la "primavera araba", da Piazza Tahrir
ad altre piazze, non hanno avuto la capacità di organizzarsi politicamente e il vuoto
lasciato dalla caduta dei regimi precedenti è stato colmato da vari movimenti, quali
ad esempio i Fratelli musulmani. La paura è proprio questa: che a una dittatura politica
possa seguire una dittatura religiosa. Molte preoccupazioni desta, ad esempio, l’Egitto
dove si sono registrati diversi episodi allarmanti: poco tempo fa, due bambini di
8 e 10 anni sono stati arrestati con l’accusa di aver profanato il Corano, in nome
di una blasfemia di cui prima non si era mai parlato in Egitto. In Siria, la situazione
è molto più complessa perché vediamo la minoranza cristiana schiacciata tra il regime
e i diversi movimenti che costituiscono l’opposizione, di cui non è neanche troppo
certa la natura. Sappiamo di infiltrazioni di movimenti jihadisti… Quindi, sicuramente
è una situazione che non lascia intravedere sviluppi positivi e desta molta preoccupazione
da parte della minoranza cristiana.
D. – Si deve parlare anche del Myanmar…
R.
– Sì, le notizie che giungono dall’episcopato locale non sono troppo positive, nonostante
ultimamente in Myanmar il governo abbia intrapreso alcune riforme che lasciano intravedere
una certa apertura. Purtroppo, quello che ci dicono i vescovi è che continuano i controlli,
continuano le persecuzioni, specialmente nei confronti dell’etnia Kachin, in maggioranza
cristiana, tuttora vittima di violente persecuzioni. E uno dei vescovi ci ha detto:
purtroppo, per sviluppo economico e libertà politica, il Myanmar è ancora tra gli
ultimi Paesi del mondo. Noi, Chiesa, siamo costretti a lavorare con il peso di limitazioni
che per i Paesi occidentali sarebbero inconcepibili.