Ospedali religiosi: situazione critica nel Lazio. Aris: a rischio eccellenza sanità
italiana
Allarme sanità in Italia: a Roma le ambulanze sono rimaste bloccate nei pronto soccorso
per sopperire alla mancanza di posti letto negli ospedali. L’emergenza, come reso
noto anche dal presidente della regione Lazio Renata Polverini, è rientrata dopo poche
ore. Intanto è sempre più critica, soprattutto nel Lazio, la situazione degli ospedali
religiosi, a causa di tagli e crediti non riscossi. E’ quanto denuncia l’Associazione
religiosa Istituti socio–sanitari (Aris) che riunisce istituzioni ecclesiastiche che
erogano, in tutto il territorio nazionale, prestazioni di assistenza sanitaria. Il
rischio, per diverse strutture, è la chiusura o la vendita a privati. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
L’allarme riguarda
tutta l’Italia ma la situazione più critica si riscontra nel Lazio, dove le istituzioni
sanitarie cattoliche vantano crediti, nei confronti della Regione, per circa 500 milioni
di euro. Capitolo a parte per il Policlinico “Gemelli”, il cui credito supera la somma
di 800 milioni di euro. Se la situazione non si dovesse sbloccare, si profilano due
alternative: la vendita ai privati, come nel caso dell’Ospedale Cristo Re, o la trasformazione
delle strutture in residenze sanitarie assistite per anziani o in centri per la riabilitazione.
Il presidente dell’Associazione religiosa istituti socio – sanitari (Aris), fratel
Mario Bonora:
“Il pagamento delle prestazioni è ben regolamentato da
accordi in ogni regione. Per esempio, in Veneto il termine è 60 giorni e i pagamenti
sono abbastanza puntuali. Ma nel Lazio la situazione è veramente un disastro. Adesso,
alcune strutture stanno chiudendo e se non interviene qualche nostro ente, passano
in mano a privati for profit. Le Congregazioni alle quali fanno capo le nostre realtà
– le varie Congregazioni religiose o enti ecclesiastici dipendenti dalle diocesi –
hanno dato le garanzie bancarie, hanno anticipato i soldi, ma più di tanto non possono
fare. Per alcune realtà, siamo ormai al capolinea”.
Per l’attuazione del
Piano di rientro dei disavanzi nel settore sanitario della regione Lazio, è stato
designato commissario ad acta Filippo Palumbo, subentrato al dimissionario
Enrico Bondi. I decreti regionali 348 e 349, i cosiddetti “decreti Bondi” dello scorso
22 novembre, avevano comportato una sforbiciata di 29 milioni di euro al budget del
2012. Tra i tagli, retroattivi, anche cinque milioni in meno per le attività di emergenza
del “Gemelli” e l’impossibilità di potenziare, nel Policlinico, l’unità di terapia
intensiva neonatale e il centro Sla. Tagli che rischiano di mettere in crisi un servizio
sanitario, quello offerto dagli ospedali religiosi, che presenta, rispetto al pubblico,
costi sostenuti:
“E’ provato che noi privati, religiosi, costiamo molto
meno del pubblico, per ovvi motivi. E’ certo che un’oculata gestione, un contenimento
delle spese, senza assolutamente compromettere l’assistenza al malato, porta a dei
risparmi. Dalle statistiche che abbiamo noi, in alcune regioni si arriva fino al 35%
in meno di spesa sanitaria, rispetto al pubblico. E ritengo che diano anche un buon
servizio visto il flusso registrato e a un costo decisamente inferiore. Sia chiaro
che noi stiamo resistendo, resistiamo il più possibile, però alcune strutture non
ce la fanno più”.
In diversi casi sarà sempre più difficile, dunque, scongiurare
la chiusura di reparti e, soprattutto, piani di riduzione del personale:
“I
posti di lavoro sono a rischio. Possiamo parlare di alcune centinaia. Se poi il fenomeno
Lazio si allarga a tutta Italia, le centinaia potrebbero anche diventare qualcosa
di più. Se non ci lasciano lavorare, dobbiamo ridurre l’attività e conseguentemente
il personale, che resta la spesa principale. La spesa per il personale incide sui
nostri bilanci tra il 55 e il 65% dei finanziamenti. Se si deve purtroppo tagliare,
credo sarà l’ultima cosa che i nostri enti faranno”.
La situazione degli
ospedali religiosi è anche il segnale di un sistema sanitario italiano che sembra
allontanarsi dai livelli di eccellenza raggiunti negli ultimi anni. Ancora fratel
Mario Bonora:
“Da come si sta muovendo, il sistema sanità sta perdendo parecchi
punti rispetto a quello che era in passato. Almeno nei Paesi occidentali, eravamo
tra i primi come prestazioni sanitarie. La sanità non potrà più essere gratuita per
tutti: bisognerà prevedere fasce – quelle medio alte – dove ci sia anche il dovere
di contribuire. Per quelli che invece non sono in grado di contribuire perché hanno
redditi molto bassi, bisogna continuare con l’assistenza gratuita, a tutti i livelli.
Questo se vogliamo restare un Paese civile, un Paese all’altezza dei tempi. Se in
vece vogliamo avvicinarsi alla sanità dell’Africa o dell’Asia, allora si sta imboccando
la strada giusta”.