2013-01-09 15:02:48

Gabon: al via i colloqui tra governo e ribelli Seleka. Testimonianza di un missionario


Sono iniziati ieri a Libreville, in Gabon, i colloqui di pace tra il governo della Repubblica Centrafricana e la delegazione dei ribelli del movimento Seleka, che dal 10 dicembre scorso hanno imbracciato le armi, conquistando parte del Paese e chiedendo le dimissioni del presidente, François Bozizé. Il capo dello Stato non partecipa personalmente ai negoziati, nei quali si discute la rinegoziazione degli accordi firmati dalle parti il 2007 e il 2011. La situazione sul terreno rimane tesa, con ricadute fortemente negative per la società civile. Sono stati saccheggiati diversi depositi del Programma alimentare dell’Onu, contenenti aiuti destinati alla popolazione. Sulla realtà sociale del Paese, Giancarlo La Vella ha intervistato il padre cappuccino, Antonino Serventini, da 25 anni missionario in Centrafrica:RealAudioMP3

R. – I valori su cui si basa la società centrafricana vedono al primo posto la famiglia, intesa come gruppo, come clan, come sangue, che li tiene uniti: la famiglia che accoglie i bambini, che accoglie la vita. Questo è il valore principale. Il nostro ruolo, come missionari, si avvale appunto di queste basi ed evidentemente è facilitato dal fatto che noi annunciamo il Signore e cerchiamo di far conoscere il Figlio di Dio. Questo messaggio è accolto molto gradevolmente e da questo loro si aspettano tutto. Non parliamo ancora di nuova evangelizzazione laggiù, perché siamo ancora nella fase dell’evangelizzazione tradizionale.

D. – Qual è il rapporto dei cattolici in Centrafrica con le altre realtà religiose?

R. – Il dialogo con i cattolici si fa addirittura anche con i musulmani. L’abbiamo fatto l’anno scorso ed è stato molto interessante. Hanno contribuito a questo incontro tutte le componenti cristiane. Abbiamo interpellato i fratelli protestanti e anche quelli musulmani, che hanno esposto il loro punto di vista con molto rispetto. I punti d’incontro sono sulla pace.

D. – E’ inutile dire che un momento come questo ricade fortemente sulla popolazione civile...

R. – Sì, la preoccupazione è proprio che il popolo eviti il bagno di sangue, quindi che ci sia una guerra civile, una guerra fratricida.

D. – La Repubblica Centrafricana è un Paese ricco dal punto di vista delle materie prime, ma permane una grande povertà nella popolazione. Come fare per eliminare certe differenze socioeconomiche?

R. – La strada buona è quella che hanno intrapreso in Ciad, perché nell’ambito dello sfruttamento dei giacimenti è stata fatta, sul territorio, una raffineria. E’ molto importante che sia la popolazione a sfruttare tutto questo e che i proventi vadano alla popolazione stessa. Finora, invece, è stato asportato ed esportato: parlo del petrolio, ma adesso anche per il cotone è così, come anche per il legname della foresta, per l’uranio e i diamanti. Queste sono le materie prime più ambite dai contendenti.

D. – Il Paese ha tutte le carte in regola perché ci sia un benessere diffuso?

R. – Questo è quello che evidentemente sperano. Le entrate, infatti, sono basate sulle licenze. Ma sarebbe importante che la ricchezza fosse all’interno del Paese. Non vi è però la possibilità, all’interno del Centrafrica, di avere la tecnologia che consenta agli stessi centrafricani di manipolare, di sfruttare e distribuire questa ricchezza a pari diritto con un partenariato paritario.







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