Gabon: al via i colloqui tra governo e ribelli Seleka. Testimonianza di un missionario
Sono iniziati ieri a Libreville, in Gabon, i colloqui di pace tra il governo della
Repubblica Centrafricana e la delegazione dei ribelli del movimento Seleka, che dal
10 dicembre scorso hanno imbracciato le armi, conquistando parte del Paese e chiedendo
le dimissioni del presidente, François Bozizé. Il capo dello Stato non partecipa personalmente
ai negoziati, nei quali si discute la rinegoziazione degli accordi firmati dalle parti
il 2007 e il 2011. La situazione sul terreno rimane tesa, con ricadute fortemente
negative per la società civile. Sono stati saccheggiati diversi depositi del Programma
alimentare dell’Onu, contenenti aiuti destinati alla popolazione. Sulla realtà sociale
del Paese, Giancarlo La Vella ha intervistato il padre cappuccino, Antonino
Serventini, da 25 anni missionario in Centrafrica:
R. – I valori
su cui si basa la società centrafricana vedono al primo posto la famiglia, intesa
come gruppo, come clan, come sangue, che li tiene uniti: la famiglia che accoglie
i bambini, che accoglie la vita. Questo è il valore principale. Il nostro ruolo, come
missionari, si avvale appunto di queste basi ed evidentemente è facilitato dal fatto
che noi annunciamo il Signore e cerchiamo di far conoscere il Figlio di Dio. Questo
messaggio è accolto molto gradevolmente e da questo loro si aspettano tutto. Non parliamo
ancora di nuova evangelizzazione laggiù, perché siamo ancora nella fase dell’evangelizzazione
tradizionale.
D. – Qual è il rapporto dei cattolici in Centrafrica con le
altre realtà religiose?
R. – Il dialogo con i cattolici si fa addirittura anche
con i musulmani. L’abbiamo fatto l’anno scorso ed è stato molto interessante. Hanno
contribuito a questo incontro tutte le componenti cristiane. Abbiamo interpellato
i fratelli protestanti e anche quelli musulmani, che hanno esposto il loro punto di
vista con molto rispetto. I punti d’incontro sono sulla pace.
D. – E’ inutile
dire che un momento come questo ricade fortemente sulla popolazione civile...
R.
– Sì, la preoccupazione è proprio che il popolo eviti il bagno di sangue, quindi che
ci sia una guerra civile, una guerra fratricida.
D. – La Repubblica Centrafricana
è un Paese ricco dal punto di vista delle materie prime, ma permane una grande povertà
nella popolazione. Come fare per eliminare certe differenze socioeconomiche?
R.
– La strada buona è quella che hanno intrapreso in Ciad, perché nell’ambito dello
sfruttamento dei giacimenti è stata fatta, sul territorio, una raffineria. E’ molto
importante che sia la popolazione a sfruttare tutto questo e che i proventi vadano
alla popolazione stessa. Finora, invece, è stato asportato ed esportato: parlo del
petrolio, ma adesso anche per il cotone è così, come anche per il legname della foresta,
per l’uranio e i diamanti. Queste sono le materie prime più ambite dai contendenti.
D.
– Il Paese ha tutte le carte in regola perché ci sia un benessere diffuso?
R.
– Questo è quello che evidentemente sperano. Le entrate, infatti, sono basate sulle
licenze. Ma sarebbe importante che la ricchezza fosse all’interno del Paese. Non vi
è però la possibilità, all’interno del Centrafrica, di avere la tecnologia che consenta
agli stessi centrafricani di manipolare, di sfruttare e distribuire questa ricchezza
a pari diritto con un partenariato paritario.