2013-01-09 15:18:32

Egitto: presidente Morsi "arbitro" delle prove di pace tra Hamas e Al Fatah


Si attendono nuovi risvolti dagli incontri di ieri Al Cairo tra il presidente palestinese, Abu Mazen, e il leader in esilio di Hamas, Khaled Meshaal. Sul tavolo la riconciliazione tra Al Fatah e Hamas, ai ferri corti dal 2007. I colloqui si svolgono alla presenza del presidente egiziano, Morsi, che ormai da tempo si sta proponendo come un attore importante nella regione mediorientale. Questi colloqui porteranno a qualche passo avanti nella riconciliazione tra i due movimenti palestinesi? Benedetta Capelli lo ha chiesto ad Antonio Badini, ex ambasciatore italiano Al Cairo, autore del libro “Verso un Egitto democratico”:RealAudioMP3

R. – Io credo di sì, perché intanto l’Autorità nazionale palestinese è riuscita a conseguire questa grande vittoria alle Nazioni Unite, con il riconoscimento di Stato osservatore e non membro: non più dunque un’entità, ma uno Stato. Questo si è unito al mezzo successo che ha avuto Hamas nel favorire un avvicinamento con Morsi e convincerlo a svolgere un ruolo di mediazione con Israele, una presa di posizione che è stata favorita anche dagli americani. Sia Hamas che Fatah, dunque, hanno recentemente alzato un po’ il morale. Morsi si sente responsabile di questo primo passo e sicuramente sarà in grado di controllare le forze più radicali. Mi pare, dunque, che ci siano le condizioni per poter sperare in una ripresa di colloquio. Non è facile, ma credo che sarà molto difficile tornare indietro.

D. – Morsi ha avuto un ruolo importante nel riconciliare nei mesi scorsi Israele e Hamas. Hamas, lo ricordiamo, è filiazione dei Fratelli Musulmani, formazione dalla quale il presidente egiziano deriva. Questo quanto può incidere sui negoziati?

R. – Io credo che intanto Hamas sia in debito morale e anche politico con i Fratelli Musulmani, e dunque starà attenta a non commettere errori, a non creare tensioni che possano appunto provocare un crescendo di violenza. Al tempo stesso, Morsi sa di poter controllare Hamas e di poterla controllare in maniera che questa relativa armonia che si è creata tra l’Egitto e Hamas poi porti dei risultati. E qui le cose possono farsi un po’ più complicate, perché in Israele la destra sta guadagnando posizioni.

D. – Il presidente egiziano, secondo lei, è davvero l’attore nuovo nello scacchiere mediorientale?

R. – Certamente sì, oggi è l’attore nuovo. Ha problemi interni e dunque è un po’ condizionato anche lui, ma è un attore nuovo in quanto ha una carica di novità che non può essere offuscata dalla responsabilità di governo. Lui deve portare avanti un disegno che sia positivo per la Palestina. Credo che il suo interesse sia di non far perdere influenza ad Hamas nel quadro palestinese. Il punto adesso per Fatah è riuscire a consolidare questo successo alle Nazioni Unite. L’armonia, dunque, non sarà facile, però gli ingredienti per poter ottenere un’unità del popolo palestinese ci sono tutti. Naturalmente occorrerà fare un compromesso e Fatah dovrà fare un passo indietro perché tutto sommato non è più, come prima, la forza egemone all’interno del movimento palestinese. Hamas è cresciuta e il fatto che sia Morsi a gestire questa situazione è un punto rassicurante perché Morsi ha due anime dentro di sé: quella che tende ad incoraggiare una situazione di armonia e che porti poi i palestinesi al tavolo del negoziato: quella poi in grado di tenere un controllo sui movimenti che hanno creato finora la violenza, si tratta di questi movimenti jihadisti che, con la connivenza di Hamas prima di Morsi, hanno a volte creato i presupposti per reazioni, anche se sproporzionate, di Israele. Morsi, dunque, effettivamente è un punto di speranza. Speriamo che i problemi interni non lo distraggano troppo dal tempo che occorrerà dedicare alla causa palestinese, perché rimane una causa che non ha una prospettiva a breve termine.







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