Commissione d'inchiesta: nessuna traccia di uranio impoverito nei poligoni di tiro
Ad oggi, non sono stati acquisiti elementi che possano determinare la presenza di
tracce di uranio impoverito nelle are dei poligoni di tiro italiani. Lo stabilisce
la relazione presentata imercoledì dalla Commissione parlamentare d’inchiesta nella
quale si legge anche che è impossibile asserire o escludere con certezza la sussistenza
di un nesso causale tra l’esposizione all’uranio impoverito e l’insorgere di patologie
tumorali. La Commissione, tra le richieste, sollecita la chiusura dei poligoni militari
di Capo Teulada e Capo Frasca e la riconversione di quello di Salto di Quirra, tutti
in Sardegna. FrancescaSabatinelli ha intervistato il senatoreGiampieroScanu, membro della Commissione d'inchiesta:
R. – Il fatto
che non sia stata rinvenuta la presenza dell’uranio impoverito non esclude che l’uranio
impoverito possa essere stato utilizzato. Il problema vero è indagare intorno a quella
che viene conosciuta come la sindrome di Quirra, cioè stabilire se effettivamente
esistano ragioni causali, funzionali fra la presunta presenza di una quantità di ammalati
per tumore, in maniera maggiore rispetto a quella statisticamente rilevata altrove,
e quei territori. Tutto può essere risolto quando finalmente sarà fatta un’indagine
epidemiologica. La Commissione aveva chiesto, ormai un anno fa, alla regione sarda
e all’Istituto superiore di sanità di svolgerla. A distanza di un anno c’è stato detto
che per risibili ragioni di rispetto della privacy non hanno potuto neppure iniziare.
Si tratta di evitare atteggiamenti sconsiderati sia nella creazione dell’allarme sociale,
ma anche in un negazionismo che è stato praticato negli anni, e che ha generato, secondo
me legittimamente, tutta una serie di preoccupazioni, perché ancora, di fatto, non
è stato possibile individuare questo meccanismo perverso, che eventualmente esiste
e agisce in territori particolarmente esposti a certe attività.
D. – Parlate
nella vostra relazione finale della necessità di adottare un principio di multifattorialità
causale. Cosa significa?
R. – Quando si parla di eventuale "causalità multifattoriale"
ci si riferisce alla necessità di non fermare l’attenzione alla sola presenza dell’uranio
impoverito. Viceversa, estenderla alla valutazione di tutto ciò che può avere impattato
rispetto alla salute umana a causa delle attività molteplici, e non tutte regolarmente
valutate e censite, che si sono svolte negli anni. Mi riferisco ad esempio ai fumi,
alle polveri, a possibili inquinamenti delle falde acquifere, mi riferisco alla dimostrata
presenza di scariche che hanno interessato, e interessano, decine e decine di ettari.
Si tratta, dunque, di mettere in fila tutti questi elementi, stabilirne con assoluta
precisione, assoluto rigore, la pericolosità e intervenire di conseguenza. Certo,
se c’è chi da una parte agita fantasmi che terrorizzano e provocano anche danno economico
a quelle popolazioni e, dall’altra, invece c’è chi ostinatamente nega anche la presenza
di un po’ di pulviscolo, a quel punto la verità non si acclarerà mai.
D. –
Cosa intende fare adesso la Commissione, per quanto riguarda i tre siti di Salto di
Quirra, Capo Frasca e Capo Teulada?
R. – Del poligono di Quirra si è chiesta
ed è già avvenuto - anche questo è significativo – l’immediata interruzione di attività
ritenute tali da provocare nocumento sia alla salute umana che a quella animale e
alla salubrità dell’ambiente. Il fatto che alcune attività non si svolgano più vuol
dire che erano ritenute capaci di determinare questo tipo di problema. Poi, si chiede
di riconvertire il poligono, rendendolo funzionale ad una utilizzazione nell’ambito
del cosiddetto dual system, il che significa realizzare interventi anche di carattere
industriale per la produzione di strumenti o manufatti, che possano essere usati sia
in ambito militare che in ambito civile, per il poligono di Capo Teulada e di Capo
Frasca. La Commissione ha ribadito la richiesta di una chiusura.