2013-01-08 14:29:11

Il prof. Felice: per il Papa, gli uomini sono più importanti dei sistemi economici


“Non rassegnarsi allo spread del benessere sociale, mentre si combatte quello della finanza”: è questo uno dei passaggi più significativi del discorso che Benedetto XVI ha rivolto, lunedì, al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Il Papa ha inoltre affermato che l’attuale crisi economica è derivata da un avventurarsi “senza freni sulle strade dell’economia finanziaria, piuttosto che di quella reale”. Proprio su quest’ultimo punto, Alessandro Gisotti ha chiesto il commento dell’economista Flavio Felice, direttore dell’Area di ricerca internazionale della Lateranense, “Caritas in Veritate”:RealAudioMP3

R. – Il riferimento che Benedetto XVI fa alla crisi finanziaria è molto interessante, perché oggi ci sono degli studi abbastanza accreditati che individuano esattamente nella "finanziarizzazione" dell’economia la causa della crisi economica. Il Papa non mette in contrasto, non crea un’opposizione tra economia reale ed economia finanziaria, bensì individua nell’economia finanziaria uno strumento, un mezzo necessario, ma che necessariamente dev’essere limitato, o quantomeno dev’essere posto all’interno di un ordine dell’economia che veda nella finanza uno strumento e non il fine in sé.

D. – Come già nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace, il Papa anche qui pone l’accento sull’importanza del lavoro: lavoro per la dignità della persona…

R. – Certamente. Il compito, il fine di uno strumento come quello della finanza non può che essere l’aumento della produttività. Ed è soltanto l’aumento della produttività che consente alle attività economiche di garantire poi un più alto numero di posti di lavoro. I posti di lavoro non nascono dal nulla, ma da un’azione, da un’attività produttiva estremamente efficace: più è efficace, maggiore è la possibilità di dare occupazione e maggiore occupazione significa rimettere in moto il circolo economico. Quindi, l’obiettivo è il lavoro.

D. – Con una formula efficace, il Papa inoltre chiede in particolare ai leader dell’Europa di “non rassegnarsi allo spread del benessere sociale mentre si combatte quello della finanza”. In qualche modo, il Papa ci dice che il primo spread è quello tra poveri e ricchi…

R. – Trovo che questa affermazione, in realtà, possa essere compresa pienamente se letta con una chiave: una chiave che Benedetto XVI ci mostra in un passaggio molto interessante, verso la fine della trattazione economica del suo discorso, quando parla dell’educazione. Ci dice appunto che uscire dalla crisi significa, in primo luogo, lavorare per la giustizia, in quanto non bastano i buoni modelli economici. Spesso tra economisti ci si “accapiglia” sull’efficacia del modelli economici, su quali siano i migliori… Ma la realtà è un’altra: i sistemi economici sono per l’uomo. Questo può apparire banale, ma è così. Un sistema economico funziona solo se gli uomini lo avvertono, lo percepiscono come coerente e conforme alla loro dignità. Dalla crisi si esce riportando al centro l’educazione alla giustizia, all’equità… Tutto questo significa pensare a un modello: non a un nuovo modello economico, ma a un modello sociale, a un’antropologia che renda possibile ai modelli economici di misurarsi in modo coerente e non semplicemente sulla base di una logica ingegneristico-matematica, che poi in realtà può pure funzionare, da un punto di vista puramente logico, però poi sul campo si rivela del tutto inefficace.

Ultimo aggiornamento: 9 gennaio







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