Scontri tra esercito pakistano e indiano in Kashmir
Sale la tensione in Kashmir, la regione contesa tra India e Pakistan. L’esercito di
Islamabad ha denunciato due morti per un attacco contro un posto di frontiera da parte
dei militari di Nuova Delhi. E’ successo domenica nella zona della cosiddetta "linea
di controllo", che segna il confine provvisorio tra le aree di competenza dei due
Paesi. Eugenio Bonanata ha chiesto un commento a Michelguglielmo Torri,
esperto di questioni asiatiche e docente all’Università di Torino:
R. – Da un certo
punto di vista, è il manifestarsi di una situazione in tensione che dura sostanzialmente
da quando India e Pakistan furono create. Dall’altro punto di vista, però, bisogna
tenere conto che questo incidente avviene dopo circa un anno in cui c’è stato un processo
di distensione in corso fra India e Pakistan e, secondo me, è la manifestazione dell’azione
di forze politiche presenti anche fra i militari dei due opposti schieramenti, che
sono ostili a una soluzione del conflitto attraverso strumenti pacifici.
D.
– Secondo lei, qual è l’evoluzione di questa situazione?
R. – E’ difficile
dire perché, in tanti decenni che seguo la questione da vicino, mi sono abituato a
fasi di tensione cui si succedono fasi di distensione, senza che la cosa sfoci decisamente
in un modo o nell’altro. Da un certo punto di vista, la guerra regolare fra i due
Paesi è diventata impossibile nel momento in cui entrambi i Paesi si sono dotati di
armi atomiche. Dall’altro punto di vista, la soluzione con strumenti diplomatici del
problema incappa sempre su incidenti del tipo di quello di cui stiamo parlando o sul
tipo di quello assai più grave, che si verificò qualche anno fa a Mumbay, quando una
squadra di terroristi provenienti dal Pakistan attaccò la città nel momento stesso
in cui a Delhi erano in corso delle trattative volte a dare una svolta in senso pacifico
alla questione della tensione tra i due Paesi.
D. – La questione del Kashmir
alimenta in modo diretto il terrorismo?
R. – Da un certo punto di vista, sicuramente
lo alimenta, perché è diventato chiaro che ci sono organizzazioni che usano come pretesto
la questione del Kashmir per agire e per portare avanti azioni di tipo terroristico.
Bisogna, però, tener conto che in India ci sono anche delle cause di tipo “domestico”,
che sono legate al fatto che la minoranza musulmana, che è una grossa minoranza –
sono 120 milioni di persone su un miliardo e 200 mila, quindi un decimo della popolazione
– è discriminata, è trattata malissimo, è segregata addirittura in alcuni Stati dell’India,
come il Gujarat, e non si fa mai giustizia nei suoi confronti, anzi la si perseguita
in base ad accuse che spesso poi si rivelano false in un secondo tempo, al vaglio
dei tribunali. Ora, questo ha portato a una reazione da parte di alcuni elementi della
comunità, in particolare quelli più giovani, che negli ultimi anni sono passati alla
clandestinità e hanno dato un aiuto al terrorismo che veniva da oltre frontiera.