2013-01-07 14:27:28

Mali: verso colloqui di pace diretti. Pressioni dei ribelli su Bamako


Comincerà il 10 gennaio la seconda fase dei colloqui diretti tra il governo di Bamako e alcuni dei gruppi armati che controllano le regioni settentrionali del Mali: lo ha annunciato il presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré, mediatore per conto della Comunità economica dei Paesi dell’Africa occidentale (Cedeao). Come al primo appuntamento, il mese scorso, Ouagadougou sarà sede dell’incontro tra le autorità di transizione, i tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) e gli islamisti di Ansar Al Din. Da alcune settimane - riporta l'agenzia Misna - la Cedeao, con il contributo dell’Algeria, sta cercando di riportare le due formazioni armate su posizioni meno estremiste e distanti da quelle di Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi). A pochi giorni dalla nuova fase negoziale tuttavia, gli islamisti di Ansar Al Din alzano la voce con dichiarazioni presentate da stampa e osservatori come un tentativo di esercitare pressioni su Bamako. Il documento politico consegnato la scorsa settimana a Compaoré, rimasto finora segreto, contiene alcuni punti fermi che potrebbero complicare la trattativa col governo centrale. Tra questi c’è l’applicazione della sharia: per il movimento guidato da Iyad Ag Ghaly si tratta di “una condizione non negoziabile visto che il popolo maliano è musulmano al 95%”. Nella ‘piattaforma’ politica – un documento di 17 pagine – viene anche evidenziata l’identità tuareg delle popolazioni del nord, “trattate come cittadini di serie b”. Ansar Al Din, in alcuni momenti alleato all’Mnla – ribellione tuareg laica e pro secessione – si dice disposto a rinunciare all’indipendenza da Bamako a favore di “un’ampia autonomia” nello Stato maliano che dovrebbe sancire nella Costituzione la sua “natura islamica”. Gli osservatori sottolineano che le rivendicazioni formulate saranno argomento di scontro: Bamako ha ribadito in più occasioni la laicità e l’indivisibilità dello Stato maliano. Inoltre dal terreno fonti di stampa internazionale hanno riferito di una progressione verso il sud del Paese di alcuni jihadisti, miliziani armati legati ad Ansar Al Din, Aqmi, al Movimento per l’unità e il jihad in Africa occidentale (Mujao) ma anche alla setta nigeriana di Boko Haram. Circa 300 uomini, provenienti da Gao e Timbuctù, sarebbero stati avvistati nei pressi della località di Bambara-Maoudé, a meno di 200 chilometri dalle zone controllate dall’esercito maliano. Intanto dalla Mauritania, confinante con le regioni settentrionali del Mali, è stata confermata la resa all’esercito di Nouakchott di decine di combattenti tuareg dell’Mnla che hanno consegnato “armi, munizioni e veicoli” nella zona di Bassiknou. Secondo fonti militari mauritane gli ex ribelli sono già stati trasferiti nel campo sfollati di M’bera, dove negli ultimi mesi sono affluiti più di 100.000 maliani in fuga dal nord. A guardare in direzione di Nouakchott è anche il governo di Bamako. In un colloquio col presidente mauritano Mohamed Ould Abdel Aziz, il primo ministro maliano Diango Cissoko ha chiesto un “maggior coinvolgimento del vostro Paese nella risoluzione della crisi del nord”. La Mauritania, che condivide col Mali migliaia di chilometri di confini porosi, ha già annunciato che non fornirà truppe alla futura Forza internazionale in Mali (Misma). Oltre all’appuntamento di Ouagadougou, la Cedeao ha convocato a Bamako per il 23 e il 24 gennaio un mini-vertice dei capi di Stato dei Paesi dell’Africa occidentale per “fare il punto sugli ultimi sviluppi della crisi maliana in vista del vertice dell’Unione Africana a fine mese”. Tra questi, il più significativo è stato la risoluzione approvata il 20 dicembre dal Consiglio di sicurezza dell’Onu che ha dato il via libera al dispiegamento per un anno di una Forza internazionale sotto comando africano per “ristabilire l’integrità territoriale” del Mali. (R.P.)







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