Invecchiamento nel XXI sec. La Comunità di S. Egidio presenta il Rapporto con dati
e priorità
L’invecchiamento della popolazione caratterizza il XXI secolo e inciderà sempre più
sui cambiamenti demografici mondiali. Occorre riconoscerne l’inevitabilità e prepararsi
a tutti i livelli, per rispondere a questa sfida trasformandola in opportunità. E’
quanto propone il Rapporto ”Invecchiare nel XXI secolo: un traguardo e una sfida”
presentato ieri dalla Comunità di Sant’Egidio e pubblicato dal Fondo Onu per la Popolazione
e dall’Ong HelpAge International. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Nel mondo, ogni
secondo ci sono due sessantenni in più. Saranno un miliardo tra dieci anni, il doppio
– donne in testa – entro il 2050. Quattro su cinque vivranno nei Paesi in via di sviluppo
con un’aspettativa di vita che oscillerà tra i 74 e gli 83 anni. La longevità, dunque,
è in aumento in tutto il mondo, dice il rapporto, ed è un successo: significa migliore
alimentazione, igiene, progressi medici e dell’istruzione. Ma è anche un vantaggio,
data l’incredibile produttività tra gli ultrasessantenni. Giuseppe Liotta,
della Comunità di Sant’Egidio:
“Sono tanti gli anziani che sostengono la
nostra struttura sociale nei Paesi occidentali e anche nei Paesi in via di sviluppo:
è vero in Africa, è vero in Asia … In Africa c’è un’intera generazione di adulti che
manca a causa dell’Aids, e quindi gli anziani sono una risorsa in termini di umanità,
in termini di gratuità, in termini di sostegno alle famiglie”.
E la longevità
può trasformarsi in un’opportunità globale, a patto che si adottino soluzioni positive
come è successo negli ultimi dieci anni in alcuni Paesi del mondo. Silvia Stefanoni
è vicepresidente di Helpage International:
“Quelli in cui si da l’opportunità
al gruppo di anziani stessi di decidere quali siano i servizi di cui hanno bisogno,
per esempio negli Stati Uniti. In Asia poi ci sono organizzazioni di anziani che costruiscono
reti di aiuto domiciliare, si occupano di collettività economiche: questo fa sì che
l’anziano che non ha accesso a risorse economiche possa produrre e continuare a svolgere
piccole attività, soprattutto agricole, vicino a casa”.
Ma l’invecchiamento
presenta anche delle sfide, e molto ancora resta da fare. Il Rapporto invita a considerare
nuovi approcci alla strutturazione della società, del lavoro, dei rapporti intergenerazionali,
sostenuto da un impegno politico forte e da una solida base di conoscenza dei dati.
Le priorità emergono dalle 1.300 voci degli anziani raccolte: il 53% non riesce a
pagare i servizi di base, il 34% non riesce a curarsi, il 43% teme violenze. Occorre
più sicurezza, occorrono cure accessibili e adatte, soprattutto a domicilio, spiega
Sant’Egidio. E poi, garanzie per quanto riguarda il reddito: solo un terzo dei Paesi
al mondo ha un sistema di protezione sociale completo. Ancora Silvia Stefanoni:
“Anche
i Paesi più poveri, come il Nepal, la Bolivia, il Lesotho hanno introdotto una pensione
sociale. Ora, la pensione sociale in Italia esiste ma nel mondo gli anziani che hanno
accesso alla pensione sociale sono uno su cinque, e in realtà questa non risolve il
problema economico degli anziani. Però fa sì, per esempio, che nelle famiglie più
povere l’anziano venga tenuto in casa oppure l’anziano che si occupa dei bambini ha
spesso investito questa piccola pensione nell’acquisto dell’uniforme scolastica, i
libri … Una pensione da anche la possibilità di muoversi, di poter essere più partecipi
…”.
Se a questo si aggiunge il sostegno alle famiglie e alle comunità e
l’integrazione dell’invecchiamento nei programmi di sviluppo, si avrà una svolta in
quello che è considerato un fenomeno naturale e del tutto inevitabile.