Il Papa al Corpo diplomatico: la pace non è un’utopia, prima dello "spread" pensare
ai poveri
Pace, crisi economica, rispetto della vita: sono stati questi i tre pilastri del grande
discorso che Benedetto XVI ha rivolto ieri mattina, in Vaticano, al Corpo Diplomatico
accreditato presso la Santa Sede, in occasione degli auguri di inizio anno. Il Pontefice
ha rinnovato un accorato appello per la pace in tutti quegli Stati, dalla Siria al
Congo alla Nigeria, dove le popolazioni sono travolte dalla guerra e dalla violenza.
Quindi, parlando della crisi economica, ha detto che non bisogna rassegnarsi “allo
spread del benessere sociale”, mentre “si combatte quello della finanza”. Attualmente,
sono 179 gli Stati che intrattengono relazioni diplomatiche piene con la Santa Sede.
A questi vanno aggiunti: l’Unione Europea, il Sovrano Militare Ordine di Malta e una
Missione a carattere speciale: l’Ufficio dell’Organizzazione per la Liberazione della
Palestina. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Fin dalla
sua origine, è stata la premessa di Benedetto XVI, la Chiesa è orientata ad “ogni
popolo”: ecco perché il suo impegno non è “un’ingerenza” nella vita delle società
ma un contributo “per il progresso del genere umano”. Il Papa è partito da qui, dalla
missione della Chiesa per sviluppare la sua visione sulle grandi sfide che oggi il
mondo ha di fronte, a partire dall’urgenza della pace. Il Pontefice ha innanzitutto
ricordato i suoi viaggi del 2012 in Messico, Cuba e Libano. Visite, ha detto, per
“riaffermare l’impegno civico dei cristiani di quei Paesi” come pure “per promuovere
la dignità della persona umana e i fondamenti della pace”. E proprio alla pace ha
dedicato la parte più consistente del suo articolato discorso:
“Aujord’hui,
on est quelqefois amené à penser que…” “Oggi – ha constatato – si è indotti
talvolta a pensare che la verità, la giustizia e la pace siano utopie e che esse si
escludano mutuamene”. Anzi, sembra che gli sforzi per affermare la verità sfocino
“spesso nella violenza”. D’altra parte, ha aggiunto, pare che “l’impegno per la pace
si riduca alla ricerca di compromessi”. Al contrario, ha detto, “nell’ottica cristiana
esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini”.
Per questo, è stato il suo monito, “è proprio l’oblio di Dio” a “generare la violenza”.
Infatti, ha annotato, “se si cessa di riferirsi a una verità oggettiva trascendente,
come è possibile realizzare un autentico dialogo?” In realtà, ha detto il Papa, “senza
un’apertura al trascendente, l’uomo cade facile preda del relativismo” ed è quindi
poi difficile “agire secondo giustizia e impegnarsi per la pace”. Alle manifestazioni
dell’oblio di Dio, ha proseguito, si può associare il “pernicioso fanatismo di matrice
religiosa”, che è invero “una falsificazione della religione stessa”. Il Papa ha così
rivolto il suo pensiero a tutti i popoli che soffrono a causa della guerra, a partire
dalla Siria:
“Je renouvelle mon appel afin quel les armes…” “Rinnovo
il mio appello – ha detto – affinché le armi siano deposte e quanto prima prevalga
un dialogo costruttivo per porre fine a un conflitto che, se perdura, non vedrà vincitori,
ma solo sconfitti, lasciando dietro di sé soltanto una distesa di rovine”. Ed ha chiesto
alle autorità politiche di essere sensibili alla “grave situazione umanitaria”. Ha
così rivolto il pensiero alla Terra Santa. Ricordando il recente riconoscimento della
Palestina come Stato Osservatore non Membro dell’Onu, ha rinnovato l’auspicio che
israeliani e palestinesi “si impegnino per una pacifica convivenza nell’ambito dei
due Stati sovrani, dove il rispetto della giustizia e delle legittime aspirazioni
dei due popoli sia tutelato e garantito”. Gerusalemme, è stata la sua invocazione,
diventi “Città della pace e non della divisione”. Per l’Iraq, ha augurato riconciliazione
e stabilità, per il Libano l’auspicio che i cristiani diano una testimonianza efficace
“per la costruzione di un futuro di pace con tutti gli uomini di buona volontà”:
“En
Afrique du Nord, aussi, la collaboration de toutes…” “Anche in Nord Africa
– ha affermato – è prioritaria la collaborazione di tutte le componenti della società
e a ciascuna deve essere garantita piena cittadinanza, la libertà di professare pubblicamente
la propria religione e la possibilità di contribuire al bene comune”. Poi, ha assicurato
la sua preghiera agli egiziani, “in questo periodo in cui si formano nuove istituzioni”.
Né ha mancato di volgere lo sguardo all’Africa subsahariana, dove tanti Paesi sono
feriti dalle guerre. Il Papa ha indicato in particolare il Corno d’Africa, l’Est della
Repubblica Democratica del Congo, il Mali e il Centrafrica. Un pensiero particolare
lo ha dedicato alla Nigeria, “teatro di attentati terroristici che mietono vittime”
soprattutto tra i “cristiani riuniti in preghiera”, quasi che l’odio volesse “trasformare
dei templi di preghiera e di pace in altrettanti centri di paura e di divisione”.
Il Papa ha detto di aver provato grande tristezza nell’apprendere che anche a Natale
fedeli cristiani nigeriani sono stati “uccisi barbaramente”. Benedetto XVI ha, quindi,
ribadito che la “costruzione della pace passa per la tutela dell’uomo e dei suoi diritti
fondamentali”. Fra questi, ha rammentato, figura in “primo piano il rispetto della
vita umana in ogni sua fase”. Il Papa si è detto rallegrato, a tal proposito, per
la risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che ha proibito
l’eutanasia, “per atto o omissione”. Allo stesso tempo, il Papa ha espresso rammarico
per la depenalizzazione e liberalizzazione dell’aborto in molti Stati, anche di tradizione
cristiana:
“L’avortement direct, c’est-a-dire, voulu comme…” “L’aborto
diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo – ha detto – è gravemente contrario
alla legge morale”. Nell’affermare ciò, ha soggiunto, la Chiesa cattolica “non intende
mancare di comprensione e di benevolenza, anche verso la madre”. Si tratta, piuttosto,
di “vigilare affinché la legge non giunga ad alterare ingiustamente l’equilibrio fra
l'eguale diritto alla vita della madre e del figlio non nato”. Ed ha osservato che,
specie in Occidente, vi sono “numerosi equivoci sul significato dei diritti umani”.
Non di rado, ha detto, “sono confusi con esacerbate manifestazioni dell’autonomia
della persona che diventa autoreferenziale”, “non più aperta all’incontro con Dio
e con gli altri”, ma ripiegata su se stessa per “soddisfare i propri bisogni”. Per
essere autentica, ha aggiunto, “la difesa dei diritti” deve considerare l’uomo “nella
sua integralità personale e comunitaria”. Ha così dedicato la parte finale del suo
discorso alla crisi economica e finanziaria che attanaglia molti Paesi. Essa, ha detto,
si è sviluppata perché “troppo spesso è stato assolutizzato il profitto, a scapito
del lavoro” e ci si “è avventurati senza freni sulle strade dell’economia finanziaria,
piuttosto che di quella reale”:
“Il convient donc de retrouver le sens du
travail…” “Occorre - ha detto - recuperare il senso del lavoro e di un profitto
ad esso proporzionato”. A tal fine, ha detto, bisogna “resistere alle tentazioni degli
interessi particolari e a breve termine, per orientarsi in direzione del bene comune”.
Inoltre, ha aggiunto, “è urgente formare i leaders che, in futuro, guideranno le istituzioni
pubbliche nazionali ed internazionali”. Anche l’Unione Europea, ha avvertito il Papa,
ha bisogno di “rappresentanti lungimiranti e qualificati, per compiere le scelte difficili
che sono necessarie per risanare la sua economia e porre basi solide per il suo sviluppo”.
Ed ha avvertito: “Da soli alcuni Paesi andranno forse più veloci, ma, insieme tutti
andranno certamente più lontano”:
“Si l’indice différentiel entre les taux
financiers…” “Se preoccupa l’indice differenziale tra i tassi finanziari –
ha affermato – dovrebbero destare sgomento le crescenti differenze tra pochi, sempre
più ricchi, e molti, irrimediabilmente più poveri”. Si tratta, insomma, “di non rassegnarsi
allo ‘spread del benessere sociale’, mentre si combatte quello della finanza”. Il
Papa ha poi esortato a investire nell’educazione dei Paesi in via di sviluppo per
aiutarli a vincere la povertà e le malattie. Ancora, ha aggiunto che la “pace sociale
è messa in pericolo anche da alcuni attentati alla libertà religiosa”. Ed ha espresso
rammarico perché capita anche che ai cristiani “sia impedito di contribuire al bene
comune con le loro istituzioni educative ed assistenziali”. Per salvaguardare l’esercizio
della libertà religiosa, è stato il suo richiamo, è essenziale perciò “rispettare
il diritto all’obiezione di coscienza”. Nella parte finale del discorso, Benedetto
XVI ha ricordato l’impegno a tutto campo della Chiesa per chi è in difficoltà e in
particolare per quanti soffrono a causa di calamità naturali. Ha ricordato, così,
le vittime delle inondazioni nel Sud Est asiatico, dell’uragano Sandy e del terremoto
nel Nord Italia. “Auspico – ha concluso il Papa – che in questo momento della sua
storia”, lo spirito “di tenacia e di impegno condiviso” animi tutta la nazione italiana.
L’udienza
del Papa al Corpo diplomatico darà vita oggi pomeriggio, alle 16, a una tavola rotonda
organizzata dalla Radio Vaticana. Protagonisti saranno tre ambasciatori presenti all’incontro
con Benedetto XVI: Ulla Gudmundson, ambasciatore svedese, John McCarthy, ambasciatore
australiano, e Mercedes A. Tuason, ambasciatore delle Filippine. Il dibattito, imperniato
su un commento agli argomenti toccati dal Pontefice, potrà essere seguito in diretta
audio-video all’indirizzo “youtube.com/radiovaticanavideo”.