Cardinale Scola: con l'Epifania tutti i popoli aspirano all'universalità
“Benedetto XVI, dichiarando venerabile Giovanni Battista Montini, ha sancito che egli
ha vissuto pienamente il Vangelo sine glossa e ci può essere maestro lungo l’affascinante
cammino della sequela di Cristo”. È una frase del testo che ieri l’arcivescovo di
Milano, card. Angelo Scola, ha letto per celebrare la venerabilità di Paolo VI, all’inizio
della messa in duomo, nella solennità dell’Epifania. Nell’omelia della celebrazione
eucaristica per l’Epifania, il porporato ha sottolineato che “all’universalità, in
forza della comune appartenenza alla natura umana, anelano tutti gli uomini e tutti
i popoli. Essa si realizza attraverso l’unità dei popoli e delle nazioni nella famiglia
umana”. Eppure, “pur tendendo al bene prezioso dell’universalità talora con tutte
le nostre forze, noi non sappiamo costruirla”. “Troppo spesso, anzi - ha sottolineato
-, sembriamo cospirare per distruggerla. Penso al riaffiorare allarmante dei conflitti
sociali, alla recrudescenza del terrorismo, alle stragi di cristiani e alle persecuzioni
contro uomini delle religioni e uomini di buona volontà, alle lotte intestine tra
i popoli. Invece di affermare la forza del diritto, si vanta il diritto alla forza.
E lo facciamo spesso a cominciare dai quotidiani rapporti interpersonali”. Ieri tra
l'altro il card. Scola ha voluto pranzare nel suo appartamento in arcivescovado con
12 giovani provenienti da diverse nazioni e continenti: Perù, Filippine, Cina, Togo,
Romania e Ucraina. “Vi ho voluti qui - ha detto loro - per due motivi: anzitutto
per dire, con il gesto del pranzare con voi che venite da tutto il mondo, l‘universalità
della fede in Gesù Cristo che nell’Epifania si manifesta”. È la prima volta che in
occasione dell’Epifania e della Festa dei popoli il porporato ha compiuto questo gesto.
“Inoltre - ha aggiunto il cardinale - avevo il desiderio di conoscere da vicino il
volto della nuova Milano, costituito da tantissimi ragazzi come voi, venuti qui da
lontano, da tanti popoli”. I giovani, in età compresa tra i 16 ai 25 anni, sia studenti
sia lavoratori, nati a Milano o nei loro Paesi d‘origine, hanno raccontato all’arcivescovo
di sé, delle proprie famiglie, della propria origine. È proseguito poi un dialogo
spontaneo sulle opportunità e le fatiche del vivere a Milano come “nuovi italiani”.
“Dire che siete voi il futuro della nostra Milano sarebbe una constatazione scontata
e non del tutto veritiera. Voi sarete il futuro della nostra città se già da ora vi
impegnate per animarne il presente”, ha affermato il porporato. (R.P.)