Il Papa incontra oggi il Corpo diplomatico. Giovagnoli: diplomazia vaticana al
servizio dell’uomo
C’è grande attesa per l’udienza del Papa, questa mattina, al Corpo Diplomatico accreditato
presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno. Attualmente,
la Santa Sede intrattiene relazioni diplomatiche piene con 179 Stati ed è presente
in numerose Organizzazioni internazionali a partire dall’Onu, dove è “Stato osservatore”.
Questo pomeriggio alle ore 16.00, la Radio Vaticana trasmetterà in diretta la tavola
rotonda in inglese tra 4 ambasciatori presso la Santa Sede proprio alla luce delle
parole del Papa. E’ possibile seguire l’evento su . Sull’importanza della diplomazia
vaticana, innanzitutto al servizio della pace, Alessandro Gisotti ha raccolto
il commento dello storico dell’Università Cattolica di Milano, Agostino Giovagnoli:
R. – Certamente,
questo alto numero di Stati che vogliono avere rapporti con il più piccolo Stato del
mondo è molto significativo del prestigio morale di cui gode la Santa Sede e naturalmente
il Papa, in particolare. Mi pare che sia il punto di arrivo di una lunga storia. Una
storia che è iniziata in età moderna quando la figura del Papa è stata definita sempre
più frequentemente la figura del “padre comune”: padre comune perché interessato alle
sorti di tutti i popoli e non a quelli di qualcuno contro altri. E proprio sulla figura
del padre comune si è cominciato a sviluppare quella diplomazia della Santa Sede che
è stata fin dalle origini, questo è interessante, una diplomazia di pace. Il Papa
cioè interveniva nelle lotte fra gli Stati per cercare di favorire la pace. Questo
ruolo si è poi ampliato quando il Papa ha perso il potere temporale e da questo punto
di vista è stato un grande vantaggio, perché paradossalmente la perdita del potere
temporale ha accresciuto di molto il prestigio morale del Papa. Quindi, anche questa
diplomazia è del tutto singolare perché non è a difesa di interessi politici ed economici
di uno Stato ma in realtà è nell’interesse del mondo intero e questa è la sua originalità.
D.
– Chiaramente c’è poi una forte richiesta di intrecciare rapporti diplomatici anche
come riconoscimento dell’attività della Chiesa nelle diverse aree del mondo…
R.
- Certamente le rappresentanze diplomatiche della Santa Sede sono anche presenze che
sostengono la realtà della Chiesa cattolica nei vari Paesi. Direi che la loro funzione
è anche più ampia. Non a caso si estende su terreni che sono quelli della sanità,
delle iniziative sociali, della pace. Questo in armonia con questa convinzione che
ci sia un legame molto forte tra la Chiesa cattolica, che di per sé è appunto "cattolica",
cioè universale, e quella che il Magistero dei Papi nel ’900, ma non solo, ha definito
più volte la “famiglia umana”, come se fosse impegno diretto della Santa Sede sostenere
la famiglia umana nelle sue varie articolazioni. Questo è ben avvertito dai popoli,
i quali hanno in questo senso un particolare apprezzamento per questa diplomazia.
D.
- E questo lo si vede soprattutto nelle organizzazioni internazionali... Lo Stato
Vaticano non ha ovviamente un esercito, non è certo una super potenza economica, però
poi nei consessi internazionali, dove la Santa Sede è "Stato osservatore" in realtà
riesce a dare un contributo specifico altissimo rispetto alla sua piccolezza come
Stato…
R. – La qualifica di osservatore è sembrata inizialmente una qualifica
riduttiva. In realtà, oggi, anche dal punto di vista della Santa Sede, la qualifica
di osservatore è estremamente vantaggiosa perché permette alla Santa Sede di intervenire
su molte questioni importanti negli organismi internazionali senza doversi assumere
responsabilità improprie come potrebbero essere e come sono a volte anche le responsabilità,
per esempio, delle Nazioni Unite riguardo a interventi militari o simili. In questo
si evidenzia ancora di più il ruolo di pace che svolge questa diplomazia.
D.
- Sono 179 i Paesi con cui la Santa Sede intrattiene rapporti diplomatici. Manca ancora
la Repubblica popolare cinese; al riguardo pochi giorni fa nel messaggio Urbi et
orbi di Natale il Papa ha rivolto un messaggio augurale alla nuova leadership
cinese. Un inedito, se vogliamo, e anche un auspicio particolare…
R. – Certamente
si tratta di una novità di grande interesse. Generalmente i Pontefici negli ultimi
decenni si sono ovviamente rivolti ai cattolici in Cina, molto spesso si sono rivolti
al popolo cinese, ma non si registrano messaggi diretti alla dirigenza, all’autorità
della Repubblica popolare cinese, tanto più in un momento così importante come il
messaggio Urbi et orbi di Natale. E non è un fatto isolato. Qualche mese fa,
infatti, il cardinale Filoni ha scritto un articolo sulla opportunità di rapporti
diretti tra la Santa Sede e il governo cinese, quantomeno in via preliminare. Anche
in questo campo si assiste a un’offensiva diplomatica della Santa Sede e del
Papa stesso, offensiva naturalmente in senso buono, per sviluppare anche in questa
direzione i rapporti di reciproco rispetto e di collaborazione.