Le feste di fine anno, da poco celebrate, sono state un’occasione in più per riflettere
sul mondo nel quale viviamo. Due le ricorrenze principali: la Natività del Signore
Gesù, Principe della Pace - che ci da l’opportunità di ricordare il canto degli Angeli
“Gloria a Dio nell’Alto dei Cieli e pace in Terra agli uomini che Egli ama…”
- e la Festa per il Nuovo Anno, Solennità di Maria Madre di Dio, che coincide con
la Giornata Mondiale della Pace. Le due feste invitano a riflettere su quanto il mondo
abbia bisogno di quella Pace ampiamente evocata dal Papa Benedetto XVI nel suo Messaggio:
“Beati gli Operatori di Pace”. Vissute alla luce della fede, queste festività sono
un’occasione per annunciare il Vangelo della speranza, virtù teologale che rafforza
la fede e stimola la pratica della carità. Speranza che, come indicato nel precedente
Editoriale, sembra quasi un’utopia per il continente africano, che in questo periodo
soffre in numerosi contesti la mancanza di quella pace vera della quale parla il Papa
nel Messaggio per il primo gennaio 2013. La scelta del Papa, che nel corso del suo
viaggio in Benin ha parlato di “Continente della Speranza”, con riferimento all’Africa,
resta solo un auspicio? In effetti, ci siamo avvicinati al Natale con il timore dei
“bagni di sangue”, che in passato hanno colpito numerose Chiese ed altri luoghi di
culto, e che anche quest’anno si sono verificati in vari contesti, durante le Feste
natalizie.
Nel suo Messaggio, Benedetto XVI indica che i veri “artigiani di
pace sono coloro che amano e difendono la vita umana in tutte le sue dimensioni”.
In altre parole, operatore di pace è colui che, trovandosi nel mezzo delle contraddizioni
sociali, economiche e politiche di questo mondo, ha il coraggio di agire seguendo
l’ideale cristiano, ovvero ponendo al centro il rispetto della dignità della persona
umana nella sua integrità. Questo ci porta a supporre che il mancato rispetto della
dignità umana sia la fonte di tutti i conflitti e dei mali che oggi affliggono il
nostro continente. Vogliamo ricordare le esperienze di alcuni “artigiani di pace”,
promotori di una cultura di vita e di amore, non esaustive ma che confermano questa
tesi.
È il caso di Don Jaime Gonçalves, arcivescovo di Beira in Mozambico,
che ha portato alla rinascita spirituale e morale i belligeranti del Paese. Questi,
dopo oltre venti anni di guerra civile, si sono arresi all’evidenza: “Noi siamo fratelli,
membri della grande famiglia mozambicana”. Una presa di coscienza, questa, accompagnata
da un movimento costituito da altrettanti artigiani di pace: i membri della Comunità
di Sant’Egidio. L’esperienza mozambicana mostra inoltre come la riconciliazione sia
una realtà centrale nel dialogo e nella ricerca della pace.
L’Uganda, segnato
per anni da violenze e ingiustizie, ha visto l’iniziativa dei leader religiosi Acholi
in promozione della Pace - «The Acholi Religious Leaders’ Peace Initiative», presieduto
fino al 2010 da mons. John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu. Grazie a questa iniziativa
i capi religiosi hanno collaborato per una causa comune e per sensibilizzare la Comunità
Internazionale sulle sofferenze patite dalla popolazione del Nord del Paese.
In
Congo Brazzaville, per uscire da una situazione di carenza di pace, che ha avuto origine
nell’ideologia marxista-leninista ostile alla religione, mons. Ernest Kombo, vescovo
di Owando, ha saputo dimostrare il carattere universale dei valori umani contenuti
nei Comandamenti di Dio, come annunciati nella Bibbia.
In Repubblica Democratica
del Congo, divenuta simbolo, purtroppo, di Paese nel quale la dignità della donna
tende a scomparire, è recentemente nato un gruppo di cristiani di differenti confessioni,
che invita le Chiese a dare rifugio alle vittime, colpevolizzate dalle comunità locali
per le violenze subite: una testimonianza di impegno dei credenti e un segno di speranza
per le donne violentate.
Restano purtroppo numerosi, in Africa, i contesti
nei quali manca una vera pace: conflitti armati, crisi economica, disgregazione del
nucleo familiare ecc. E i veri artigiani di pace, discepoli di Cristo, sono chiamati
a rispondere a molteplici sfide, operando per la promozione delle libertà individuali
e collettive, per il dialogo tra i gruppi sociali, per lo sviluppo integrale della
persona umana, per il giusto ordine sociale e per la difesa del bene comune… Tutto
questo deve essere compiuto in uno spirito di collaborazione e di concertazione, ispirandosi
all’insegnamento di Cristo stesso, primo e vero artefice di pace. Papa Benedetto XVI
invita per questo alla rinascita spirituale e morale delle persone e delle società.
L’incontro con Gesù Cristo forma gli artigiani di pace, impegnandoli verso la comunione
e il superamento dell’ingiustizia.
A cura di Marie José Muando
Buabualo, del programma francese per l’Africa della Radio Vaticana.