Capodanno al fianco
degli sfollati. E' stato lo spirito dell'iniziativa Capodanno fuorilemur@ organizzata
dall'Associazione Papa Giovanni XXIII, in collaborazione con la Caritas regionale
e la Pastorale giovanile di Ferrara e Carpi. Cento giovani volontari coinvolti nell'area
terremotata per costruire legami di pace, oltre ai mattoni. "In campagna si è più
abbandonati. La nostra presenza attraverso il campo di animazione invernale -
racconta Irene Ciambezi da Bondeno (FE) - è stata importante in queste realtà rurali
ai margini. Il problema casa è forte. La scelta della Regione è stata di valorizzare
l’edilizia esistente per dare accoglienza, attraverso una convenzione con i proprietari
di case sfitte. Nonostante i Comuni abbiano stilato una graduatoria in base all’inagibilità
delle abitazioni, non si è valutato di fatto che il proprietario ha il diritto di
scegliere chi può prendere in affitto queste case. Il risultato è che ci sono diverse
famiglie escluse, con reddito zero, e molte altre famiglie di immigrati indigenti
che non sanno dove trovare un tetto. Dispiace - lamenta Ciambezi - che, nonostante
un cammino di anni con l'impegno dell’associazionismo a favore dell'integrazione sociale,
adesso si vivano situazioni di grande degrado. Noi continuiamo a tener duro realizzando
ciò che ci è possibile sul territorio per sostenere chi ha scelto di tornare nelle
case inagibili". Luca Manfredini, responsabile del coordinamento regionale Caritas
per il terremoto, evidenzia come i ritardi stiano penalizzando queste popolazioni.
"Si doveva cominciare prima a ricostruire le abitazioni. Dall’autunno si parla di
un bando straordinario di servizio civile volontario, ma ancora non si concretizza.
Noi siamo bisognosi di gente che venga ad aiutare in modo continuativo". Intanto il
20 dicembre è stata recuperata una delle sette chiese di Finale Emilia (MO). "Le celebrazioni
natalizie sono state molto sentite - racconta il vice parroco Don Roberto Montecchi
- forse più degli anni addietro. Sul fronte degli edifici di culto, mentre si
è lavorato per la messa in sicurezza, si è andata affermando l’esigenza di costruire
chiese nuove, provvisorie. Questo è un bene - spiega Don Roberto - perché c’è necessità
di dare un luogo alla pratica di fede, ma il rischio è di perdere quel carattere di
tradizione fondamentale per la nostra stessa fede, di sentirsi cioè scollegati dalla
storia della comunità che ci ha preceduto. Sarebbe utile arrivare a un giusto compromesso.
(di Antonella Palermo)