A Lecce la Marcia per la pace. Mons. Giudici: la pace va desiderata e promossa
Sul tema del Messaggio del Papa, “Beati gli operatori di pace”, si è svolta lunedì
a Lecce la 45.ma Marcia per la pace. L’iniziativa è stata promossa dalla Cei, da Caritas
Italiana, Pax Christi e Azione cattolica. Sul Messaggio del Papa per la Giornata della
Pace, Federico Piana ha intervistato mons. Giovanni Giudici,
vescovo di Pavia e presidente di Pax Christi Italia:
R. - Penso che
il Papa, volgendo la nostra attenzione ai giovani in sostanza ci dica: abbiate la
voglia, lo spirito d’attesa che hanno i giovani. Siate persone che sanno desiderare,
così come sanno desiderare i giovani.
D. - Ma in che modo ascoltare e valorizzare
le istanze dei giovani per ottenere un futuro di giustizia e pace, come chiede il
Papa?
R. - Io penso che un giovane sia istintivamente portato ad avere fiducia
nell’avvenire e a sviluppare nei confronti degli altri questa volontà di collaborazione.
È una cosa che gli viene spontanea. Ne va infatti della sua crescita e della possibilità
di raggiungere quelle mete che ha sognato. Allora, mi sembra che il Papa voglia richiamare
a quanto sia importante vivere con benevolenza. Come ancora lui dice: “Superare la
semplice tolleranza… sviluppare la pedagogia del perdono”. Insomma, giungere a quell’atteggiamento
di cui Gesù è testimone e maestro. Sono ancora queste le parole del Papa: la disponibilità
al dono di sé. Siamo anche invitati dal Messaggio a porre fortemente in evidenza nella
nostra società il tema del lavoro per i giovani. E comprendiamo bene che esso è garanzia
di una spinta o di un’esigenza verso l’approfondimento culturale, la fecondità nella
e della famiglia e la coesione sociale.
D. - Il Papa in queste messaggio indica
la famiglia come uno dei luoghi principali dove si costruiscono pace e giustizia.
Eppure, in questi anni la famiglia è sempre più sotto attacco...
R. - Nel
Messaggio, leggiamo questo invito a promuovere, in quanto credenti e come cittadini,
il principio della struttura naturale del matrimonio. Essa è minata dall’atteggiamento
di egoismo che pervade, in qualche misura, tutti gli atteggiamenti degli uomini e
delle donne contemporanei. Tutti siamo segnati da una sorta di dogma vorrei dire “velenoso”
che trova espressione in quella subdola e falsificante esigenza di realizzare sé stessi
in solitario, quasi a prescindere dall’altro e dagli altri. Questa falsa idea tocca
ogni comportamento umano, ma evidentemente si manifesta nella sua capacità distruttiva
particolarmente nel matrimonio. In realtà, lo constatiamo ogni giorno, senza il rapporto
con l’altro nella persona umana non vi è né maturità né gioia né pace.
D. -
Nel suo Messaggio, Benedetto XVI cita come attori principali per la costruzione di
pace e giustizia i responsabili politici ed i media, soggetti politici che talvolta
si sono operati per ottenere il contrario. In che modo questi soggetti possono tornare
a essere utili per raggiungere questi obiettivi così alti e nobili?
R. - In
una società come la nostra, che ha caratteristica di essere democratica, culturalmente
pluralista, tecnologicamente avanzata, il cambiamento, in quegli aspetti che lei mi
ricordava, è attuabile semplicemente con una maggiore responsabilità di tutti. L’autorità
indiscussa dei media può essere controllata perché accendo e spengo il media che ho
davanti a me. La distanza della politica dalla gente può essere superata solo da una
presa di coscienza e quindi di responsabilità da parte della gente. Questa è dunque
la via; far sì che le persone imparino sempre più ad accendere e spengere radio, televisione,
giornali… E sappiano scegliere con ragionevolezza, senza semplicismi, senza illusioni,
quelle idee politiche, quelle persone che possono costruire il bene comune.