Siria. Brahimi a Mosca: senza un accordo politico sarà l'inferno
Il conflitto in Siria al centro dei colloqui a Mosca tra il mediatore Onu-Lega Araba,
Brahimi, e il capo della diplomazia russa, Lavrov. “Assad non ha intenzione di lasciare
il potere”: ha ribadito il ministro degli Esteri che ha anche parlato di una soluzione
politica ancora possibile. Brahimi da parte sua ha invitato a lavorare intensamente
“perché l’unica alternativa al dialogo è l’inferno”. Intanto, le violenze continuano:
secondo l'opposizione ieri ci sarebbero stati almeno 200 morti. Sull’atteggiamento
della Russia, Benedetta Capelli ha intervistato Anna Zafesova, già corrispondente
a Mosca per il quotidiano “La Stampa”:
R. – Sembra
di capire che con queste ultime iniziative, come l’invito – peraltro già declinato
– ai leader dell’opposizione siriana a venire a Mosca per cercare una soluzione al
dopo-Assad, Mosca stia cercando di rientrare una volta di più in gioco, rendendosi
conto che ormai non può più continuare ad insistere sulla difesa ad oltranza del regime
di Damasco, anche alla luce delle obiettive difficoltà di quest’ultimo nel conflitto
sul terreno. Più che un reale cambiamento di posizione, sembra un tentativo di rientrare
in gioco e di partecipare in qualche modo alla vicenda: diversamente, il Cremlino
avrebbe rischiato di rimanerne completamente fuori.
D. – Nell’incontro che
ha avuto a Mosca con il mediatore dell’Onu e della Lega araba, Brahimi, il capo della
diplomazia russa, Lavrov, ha affermato che c’è ancora la possibilità di arrivare ad
una soluzione politica del conflitto. E’ un’ipotesi plausibile, o no?
R. –
Diciamo che sicuramente è quello che Mosca vorrebbe, perché l’ipotesi di una caduta
di Assad per mano dell’opposizione con l’aiuto dell’Occidente, di una fuga di questo
ormai ultimo alleato di Mosca nel mondo arabo certamente farebbe sì che la Russia
si trovasse completamente tagliata fuori. Una qualunque soluzione post-Assad vedrebbe
Mosca in una posizione molto sfavorevole. L’opposizione siriana, infatti, ha già fatto
capire che le precedenti prese di posizione del Cremlino a difesa del regime, con
i ripetuti veti al Consiglio di Sicurezza, il rifiuto di riconoscere l’emergenza umanitaria
e dei diritti umani in Siria, hanno reso Putin e il suo governo molto invisi a quella
che appare la nuova leadership siriana che si insedierà, in un modo o nell’altro.
D.
– Lavrov ha anche detto che non è possibile dissuadere il presidente Assad dal lasciare
il potere; potrebbe farsi nuovamente avanti l’ipotesi dell’asilo politico per Assad
da parte del Venezuela?
R. – Senz’altro sarebbe una soluzione per tutti. Al
di là di questo, Mosca sembrerebbe molto favorevole ad un governo di transizione che
includa, in qualche modo, esponenti del vecchio regime e che dia garanzie alla famiglia
Assad … insomma, un’evoluzione un po’ più mediata, un po’ più soft rispetto
ad una caduta fragorosa.
D. – Quello che abbiamo visto nel conflitto in Siria,
in questi 21 mesi, rappresenta un po’ una sconfitta della diplomazia: molti fallimenti
sono arrivati proprio sul fronte dell’Onu. Oggi veramente la Russia si può ritagliare
un ruolo sempre più predominante?
R. – Penso che in realtà i margini siano
abbastanza ridotti, anche perché la Russia non può cambiare opinione così drasticamente,
soprattutto per motivi interni. La difesa della Siria, così come precedentemente di
regimi dello stesso tipo, fa parte di un messaggio che la Russia trasmette al proprio
interno, dicendo così che è contraria a qualsiasi tipo di ingerenza della comunità
internazionale negli affari interni di un Paese. Ovviamente tutto questo anche in
un’ottica di interesse perché non si vuole che un giorno la stessa cosa capiti alla
Russia stessa, nel caso – ad esempio - di violazioni gravi di diritti umani o repressione
di una minoranza etnica, religiosa o politica. Più di tanto Mosca non può muoversi
e corre quindi il rischio di mostrarsi troppo flessibile, cosa che tende sempre a
fare considerandolo però un danno alla propria immagine. Basti vedere l’altro contenzioso
che attualmente il Cremlino ha con la comunità internazionale e che è quello che riguarda
da lista Magnitsky e la legge che vieta l’adozione di orfani russi alle coppie americane.
Questo è un altro terreno sul quale cedere, tutto sommato, sarebbe stato, agli occhi
della comunità occidentale, un gesto positivo mentre invece sembra che la Russia abbia
tutte le intenzioni di proseguire nella linea conflittuale.