2012-12-29 16:47:28

Padre La Manna: diritto d'asilo negato di fatto in Italia, rifugiati abbandonati a se stessi


Ora interverremo avviando i lavori per definire un progetto di inclusione sociale: lo ha promesso il Viminale, rispondendo all’accusa rivolta all’Italia da un recente reportage dell’ “International Herald Tribune”, di riconoscere abbastanza facilmente ai richiedenti il diritto di asilo, ma poi di dimenticarli non assicurando loro le condizioni minime per una esistenza dignitosa. Un esempio sono gli oltre 800 profughi, fuggiti da guerre e persecuzioni in Sudan, Etiopia, Eritrea e Somalia, che si trovano a vivere a Roma in un edificio fatiscente, il Salaam Palace, dove c’è un bagno ogni 250 persone. Un paradosso, quello italiano, denunciato da anni in particolare dal “Tavolo nazionale Asilo” a cui aderiscono diverse associazioni, tra cui il Centro Astalli. Adriana Masotti ha intervistato il presidente del Centro, padre Giovanni La Manna:RealAudioMP3

R. – Ci rallegriamo per il fatto che le commissioni per il diritto di asilo lavorino seriamente. Il fatto è che bisogna scalfire politiche che formalmente riconoscono il diritto all’asilo mentre poi di fatto lo negano. Inoltre, l’Italia ora attraversa un periodo di crisi, ma il fatto che non ci sia la possibilità di accogliere dignitosamente queste persone è datata nel tempo. E’ da anni che l’Italia ha un numero limitato di posti e sono rimasti quelli, nonostante negli anni ci sia stato un aumento di arrivi. Questo a me dice della mancanza di una volontà di governare questo fenomeno. La conseguenza è che poi si fa fatica ad accogliere con dignità, ad offrire opportunità oneste a queste persone per rimettersi in piedi e rifarsi una vita.

D. – Ci sono dei casi anche emblematici: a Roma, ad esempio, la situazione del Salaam Palace, gli afghani alla Stazione Ostiense, i somali nell’edificio abbandonato dell’ex-ambasciata somala: tutte situazioni di grande disagio e degrado …

R. – E’ una situazione che perdura nel tempo. Il problema è che il governo è responsabile di accogliere - è il governo italiano, infatti, che riconosce il diritto all’asilo politico – e, dunque, non è corretto scaricare poi sui territori la responsabilità, soprattutto con i tagli che ci sono stati in questi anni. Le persone rimangono persone, con i propri bisogni; cercano perciò di adattarsi, cercano di trovare un luogo dove poter vivere. Il governo italiano dovrebbe arrivare a stabilire politiche in grado di consentire ai territori di accogliere. Questo per anni non si è fatto e questo è il momento, forse, un’opportunità per decidere di mettere mano alla questione del diritto di asilo. Ricordo che l’Italia è firmataria della Convenzione di Ginevra, però è mancante di una legge organica sul diritto all’asilo politico.

D. – Oltre ai casi che abbiamo ricordato, è ancora aperto il problema dell’emergenza Nord Africa: cioè tutte quelle persone, provenienti soprattutto dalla Tunisia, che l’Italia ha accolto e che ora non si sa a chi verranno ‘scaricati’, perché stanno scadendo i termini del programma di protezione umanitaria temporanea posto in essere dall’ Italia …

R. – Sì, ma soprattutto bisogna riferirsi a quanti sono scappati dalla Libia in guerra. Queste persone sono state tenute per un anno in alcuni centri, e finalmente, dopo un anno, è arrivata la decisione di dare una protezione a queste persone. Ora noi rimaniamo in attesa di vedere cosa succede dopo il termine ufficiale dell’accoglienza, che è stata prorogata ai primi mesi del 2013. E’ stato perso un anno, penalizzando queste persone che, molto probabilmente, si ritroveranno fuori dal circuito di accoglienza e non avranno avuto il tempo necessario per realizzare una loro autonomia.

D. – Nei giorni scorsi, il Viminale ha promesso che ci sarà qualche intervento a favore dei rifugiati, in particolare di quelli che vivono nel Salaam Palace. Che speranze ci sono?

R. – I problemi si conoscono: è da anni che il “Tavolo nazionale asilo” opera per dire al governo cosa bisognerebbe fare … Adesso è il momento di operare fattivamente per rispettare la dignità e i diritti di queste persone.







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