2012-12-29 07:09:24

Annunciati negoziati nella Repubblica Centrafricana


Il governo della Repubblica Centrafricana e la coalizione ribelle del Seleka hanno accettato di andare al ''tavolo dei negoziati senza porre condizioni'': lo ha reso noto ieri, a Bangui, Guy Pierre Garcia, segretario generale aggiunto della Comunità economica degli Stati dell'Africa centrale (Ceeac/Eccas). Il servizio di Giulio Albanese:RealAudioMP3

Formalmente nessuna data è stata fissata a riprova che dietro le quinte si stanno svolgendo consultazioni per definire un’agenda dei colloqui. Intanto, la situazione sul campo in Centrafrica sembra sempre incandescente. Ieri si sono verificati violenti combattimenti a Bambari, città occupata domenica scorsa dai ribelli del Seleka. Lo hanno reso noto fonti locali, spiegando che le forze armate centrafricane hanno attaccato Bambari per cercare di riprenderla dagli insorti. Attualmente però non è ancora chiaro l’esito della battaglia nella quale avrebbero perso la vita militari degli opposti schieramenti e civili.


Per saperne di più del Centro africa e della presenza degli islamisti Eugenio Bonanata ha intervistato Enrico Casale di Popoli, rivista dei Gesuiti:RealAudioMP3

R. – E’ una posizione che lascia le "mani libere" a Parigi di non impegnarsi con nessuna delle parti in causa, il che permette di mantenere gli interessi francesi immutati nella nazione. Teniamo presente che la Repubblica Centrafricana è, intanto, un’ex colonia francese. Poi è una nazione abbastanza ricca di risorse, penso soprattutto al legname. L’unica sfortuna è che non ha uno sbocco al mare e quindi deve sempre venire a patti con i propri vicini per riuscire ad esportare le proprie materie. Ma è una nazione che potrebbe vivere in modo decoroso se fosse gestita con attenzione dalla classe politica.

D. – Come la Francia, anche gli Stati Uniti hanno fatto cadere nel vuoto la richiesta di aiuto da parte della presidenza e hanno chiuso la propria ambasciata e ritirato il personale dal Paese, come del resto ha fatto anche l’Onu...

R. – Gli Stati Uniti sono meno impegnati rispetto alla Francia, nella Repubblica Centrafricana hanno interessi minori rispetto a quelli di Parigi. Quindi, è giustificabile anche un sostanziale ritiro e un sostanziale non impegno nel Paese da parte di Washington.

D. – Chi sono i ribelli di "Seleka"? C’è il rischio di estendere l’influenza islamica nel Paese? Insomma, c’è un disegno preciso su questo fronte?

R. – La questione è ancora abbastanza incerta. La Repubblica Centrafricana è un Paese dell’Africa sub sahariana, nella quale c’è una minoranza islamica, ma non ha una funzione così importante. Certo, il movimento fondamentalista islamico si sta estendendo anche nell’Africa sub sahariana, però non vedrei un disegno complessivo dei fondamentalisti, simile per esempio a quello del Mali dove invece la presenza delle formazioni integraliste è consistente e dove esiste un progetto di creare una base logistica per le azioni in tutto il Sahel. Nella Repubblica Centrafricana, per il momento almeno, non vedo un rischio di questo tipo.

D. – Qual è il ruolo della forza multinazionale dell’Africa centrale schierata nel Paese?

R. – Le zone a Nord e ad Ovest della Repubblica Centrafricana sono sempre state zone instabili. Il governo di Patassé prima e di Bozizé dopo non sono mai riusciti a controllare quelle zone. Un intervento di una forza multinazionale potrebbe solamente rallentare un’eventuale avanzata verso la capitale. Ma non so quanto riuscirebbe a riportare la stabilità in zone che, ripeto, sono sempre state instabili e che da anni sono instabili, preda di movimenti ribelli, ma anche di banditismo, di criminalità comune. Teniamo presente che proprio nel Nord della Repubblica Centrafricana si dice che ci siano anche gli ultimi ribelli del Lord’s Resistance Army ugandesi. Quindi, c’è tutta una fascia non controllata da parte del governo che è un po' il "regno di nessuno".







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