Centrafrica: ribelli Seleka lanciano ultimatum al potere. Tensioni a Bangui
La battaglia di Bangui non si farà “perché il governo ha già perso il controllo del
Paese”: ad annunciarlo con un comunicato stampa è la coalizione ribelle del Seleka
che chiede alle Forze di difesa e sicurezza fedeli al presidente François Bozizé di
“deporre le armi immediatamente”. Nel testo pubblicato sul quotidiano locale ‘Journal
de Bangui’ e ripreso dall'agenzia Misna, i ribelli motivano la loro decisione come
“una misura di sicurezza e di tutela delle popolazioni civili” precisando che “a questo
punto, l’ingresso delle nostre truppe nella capitale non è necessario”. Dall’inizio
dell’offensiva, cominciata lo scorso 10 dicembre, gli insorti sono riusciti a prendere
il controllo, senza incontrare grande resistenza, delle principali città del centro
nord. In ordine cronologico l’ultima località caduta è stata Kaga Bandoro (340 chilometri
a nord di Bangui): si tratta del quarto capoluogo attaccato e occupato dai ribelli
dopo Ndélé (nord), Bria (centro) e Bambari (centro-sud). Alle popolazioni delle città
controllate il Seleka ha chiesto di “accettare la situazione e collaborare nella pace
e la concordia nazionali”. Nato lo scorso agosto su iniziativa di elementi dissidenti
della Convenzione dei patrioti per la giustizia e la pace (Cpjp) e della Convenzione
dei patrioti della salvezza e del Kodro (Cpsk), il Seleka (che significa Alleanza
in lingua sango) ha assorbito anche l’Unione delle forze democratiche per il raggruppamento
(Ufdr). L’obiettivo dichiarato fino a pochi giorni fa è quello di arrivare fino a
Bangui per destituire il presidente Bozizé, accusato di non aver attuato gli accordi
di pace firmati a partire dal 2007 né le conclusione del processo di dialogo del 2008.
Nelle ultime ore il clima di maggiore tensione è stato avvertito a Bangui dove manifestanti
presentati dai media come dei “giovani patrioti” che sostengono Bozizé hanno attaccato
l’ambasciata di Francia, accusando Parigi di “passività” e di “mancato appoggio al
presidente”. Le autorità francesi hanno condannato “l’attacco violento” e rafforzato
il proprio dispositivo di sicurezza anche a tutela dei 1200 cittadini residenti in
Centrafrica. Il dipartimento di Stato statunitense e le Nazioni Unite hanno invece
autorizzato la partenza dei famigliari e del personale non necessario in servizio
a Bangui; mercoledì gli stessi manifestanti hanno tenuto un sit-in davanti alla sede
diplomatica di Washington. A scendere in piazza sono stati decine di membri di associazioni
vicine al Kwa Na Kwa, il partito di Bozizé, con rami di palma e slogan a favore della
pace. A sostegno delle autorità di Bangui, il cui esercito è sotto equipaggiato e
numericamente insufficiente, la Forza multinazionale dell’Africa centrale (Fomac)
– dispiegata in territorio centrafricano dal 2008 – ha predisposto l’invio di nuove
truppe per rafforzare la sicurezza della capitale. Lo ha annunciato alla radio nazionale
centrafricana il comandante della Fomac, il generale Jean-Félix Akaga. La Fomac è
formata da 500 soldati del Gabon, Ciad, Camerun e Repubblica Democratica del Congo
che si sarebbero dovuti ritirare dal Centrafrica entro il 31 dicembre 2013. Inoltre
una parte delle truppe ciadiane stabilite a Sibut (100 chilometri dalla capitale)
si sta dirigendo verso Kaga Bandoro, presumibilmente per arginare l’avanzata dei ribelli.
La scorsa settimana il presidente ciadiano Idriss Deby Itno, storico alleato di Bozizé,
ha deciso l’invio di rinforzi nel Paese confinante ma le truppe di N’Djamena sono
categorizzate come forza di interposizione non di attacco. Intanto, almeno per ora,
la “cessazione immediata delle ostilità”, il ritiro dei ribelli dai centri conquistati
e la strada del dialogo suggerita dai capi di Stato della Comunità economica dei paesi
dell’Africa centrale (Ceeac) appaiono scenari remoti. Negoziati previsti per oggi
tra il Seleka e le autorità centrafricane sono stati rinviati a data da destinarsi
per “problemi logistici”, ha annunciato la stessa Ceeac. (R.P.)