Il referendum costituzionale in Egitto è stato "trasparente" e "monitorato dagli organi
giudiziari". Così il presidente egiziano Mohamed Morsi in diretta tv dopo la firma
della nuova Costituzione. La legge fondamentale, criticata dall’opposizione perché
ispirata ai principi della sharia, è stata approvata da un referendum nazionale con
il 63,8% dei sì. Nel suo discorso Morsi ha, poi, esortato tutte le parti politiche
al dialogo di unità nazionale e ha preannunciato che si concentrerà nell'affrontare
la crisi economica, per cui è pronto, se necessario, anche ad un rimpasto di governo.
Ora, entro due mesi, dovrà essere eletto il nuovo Parlamento. Quali i possibili scenari
politici? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luciano Ardesi, esperto
di nord Africa: R. – Già questi
due mesi di transizione dovrebbero poter chiarire il rapporto di forza tra il partito
del presidente Morsi Libertà e giustizia, maggioritario al Senato, e l’opposizione
del Fronte di salvezza nazionale. Il presidente Morsi in questo momento però deve
far fronte non soltanto al consolidamento del suo potere, la campagna elettorale per
la Camera dei deputati, ma credo debba soprattutto far fronte ad una situazione economica
e sociale esplosiva. Mi sembra in questo momento difficile immaginare che un equilibrio
verrà trovato senza nuovi conflitti, nuove manifestazioni, nuove tensioni. Il fattore
di debolezza politico dell’Egitto di oggi è che le opposizioni sono, sì, oggi riunite
in un fronte di salvezza nazionale ma rimangono purtroppo ancora frammentate.
D.
- In questa lotta per il potere tra fronte musulmano e l’opposizione laica, sembrano
essere rimasti fuori i cristiani copti. Come stanno vivendo questa situazione?
R.
– Per loro si apre un momento oggettivamente difficile, perché non credo che il partito
di Morsi attaccherà frontalmente la minoranza copta, la minoranza cristiana, però
è anche vero che la Fratellanza ha sempre dimostrato una certa insofferenza per l’anomalia
egiziana: cioè, da una parte, il Paese musulmano che in qualche modo è faro nel mondo
arabo musulmano e dall’altra la comunità cristiana più numerosa e più strutturata
di questo mondo musulmano. E’ chiaro che almeno una parte della Fratellanza musulmana
è tentata dal ridurre questa anomalia egiziana. Quindi credo che per i copti inizi
un periodo veramente difficile.
D. – Come la comunità internazionale guarda
all’Egitto che storicamente è stato sempre un punto di equilibrio importante, soprattutto
nel confronto israelo-palestinese?
R. – Naturalmente la mediazione del presidente
Morsi nella questione di Gaza ha dato all’Egitto prestigio internazionale. E’ chiaro
che l’Egitto rimane un interlocutore fondamentale. Nella regione il presidente stesso
ha capito di poter giocare questa carta e, quindi, credo che l’Egitto continuerà ad
essere il principale interlocutore di tutta la questione mediterranea, visto che ci
sono sviluppi non solo per quello che riguarda la Palestina, ma basti pensare allo
scenario siriano, giordano, etc. La Comunità internazionale potrebbe anche essere
tentata di non guardare tanto per il sottile a quello che accadrà all’interno dell’Egitto,
perché è chiaro che se il disegno che la Fratellanza musulmana ha in mente, cioè quello
di una progressiva islamizzazione totale della società, a questo punto, il partito
di Morsi avrà anche un maggior controllo sulla società, sulle tensioni interne. Questo
darebbe all’Egitto un elemento di stabilità che neppure il vecchio Mubarak era più
riuscito ad ottenere, negli ultimi anni, con la sua repressione.