Natale nel dramma in Siria. Bombardato un panificio: 300 morti seocndo alcune fonti
La Siria ieri teatro di una delle più gravi stragi dall’inizio del conflitto. Ad essere
bombardato un forno nella provincia di Hama, con un bilancio pesantissimo. 90 i morti
accertati, mentre alcune fonti parlano di almeno 300 vittime. Tutto questo nel giorno
della visita a sorpresa nel Paese dell’inviato dell'Onu e della Lega Araba, Brahimi.
Il servizio di Marina Calculli:
Non ha paragoni,
tra gli episodi della sanguinosa guerra civile siriana, l’inferno che si è abbattuto
ieri su Halfaya, una cittadina della provincia di Hama. Le bombe del regime sono cadute
su un panificio, mentre centinaia di civili erano in coda per il pane. La farina non
era arrivata per tre giorni in città e, dunque, il numero delle persone in coda era
particolarmente alto. Difficile ancora fare un bilancio. Alcuni residenti parlano
di 300 vittime. Le immagini diffuse sulla rete fanno pensare a cifre inferiori, ma
è certo che il bombardamento ha provocato diverse decine di morti tra donne, bambini
e uomini. La punizione di Halfaya, nella provincia di Hama, una regione già rasa al
suolo nel 1982, è stata forse la conseguenza della proclamazione da parte dei ribelli
della città come zona liberata. Intanto, ieri, a Damasco, è giunto l’emissario internazionale
per la Siria, Lakhdar Brahimi, per cercare un’ennesima strada di negoziazione con
il regime. Il ministro dell’informazione siriano ha espresso però il disappunto, perché
la visita di Brahimi non si è fatta precedere da alcuna comunicazione su possibili
strategie di compromesso.
Tra i cristiani, chi può è fuggito nella regione
costiera di Tartus, per ora ancora relativamente sicura, o nel vicino Libano. Ma chi
è rimasto si è trovato suo malgrado in mezzo al conflitto. Al microfono di Silvia
Koch, padre Ibrahim Sabah, francescano siriano della Custodia di Terra
Santa, parla di questo Natale di dolore:
R. - Noi francescani
della Custodia di Terra Santa - che include anche la Giordania, la Siria, il Libano
e Cipro - insieme anche ai fratelli salesiani e alle Missionarie della Carità - le
Suore di Madre Teresa - siamo sicuramente una cospicua presenza. Oggi più che mai,
è una presenza sofferente perché alla gente manca l’elettricità, manca il pane e soffre
anche la fame. Tutti i cristiani che non hanno lasciato il Paese, perché sono voluti
restare nelle loro case, in questo momento stanno soffrendo. È quindi molto difficile
- anche a causa della paura, delle bombe e delle esplosioni - parlare di gioia natalizia
in questo momento. Sicuramente noi celebriamo il mistero dell’Incarnazione di Gesù
nella storia come francescani, nel vivere la sofferenza con la gente; sicuramente
– come l’anno scorso – le feste saranno celebrate in modo sobrio, molto semplice e
saranno anticipate per permettere alle persone di tornare a casa prima del buio, perché
hanno paura. I fratelli che si trovano lì stanno facendo tutto il possibile per aiutare
le famiglie: ci sono tante famiglie senza nemmeno una bombola di gas e non possono
cucinare, l’elettricità in alcune zone va via anche per 18 ore al giorno.
D.
– Qual è il messaggio che la Chiesa locale cerca di mandare ai fedeli per diffondere
speranza nel tempo di Natale?
R. – Il messaggio è un messaggio di pace. Io
approfitto di questa occasione per ringraziare tutta questa buona gente, che generalmente
non è gente ricca, ma la maggior parte dei benefattori dei luoghi santi - ma anche
di tutto il Medio Oriente, della Custodia di Terra Santa - sono persone che appartengono
alla classe media o povera, ma che aiutano la missione in quel Paese. Senza la presenza
dei pellegrini in Terra Santa noi non potremmo festeggiare; senza gli aiuti mandati
in sostegno da parte di tutta la Chiesa internazionale, oggi noi non potremmo continuare
ad esistere in Siria e nemmeno in Terra Santa.