Natale in Bosnia 20 anni dopo la guerra: nel racconto del vescovo di Sarajevo
Il Natale 2012 a Sarajevo e in Bosnia ed Erzegovina è sotto la neve. Venti anni fa
era sotto i bombardamenti. Nel 1992 scoppiò la guerra che viene oggi ricordata come
la più sanguinosa in Europa, dopo il secondo conflitto mondiale. La capitale del Paese,
Sarajevo, fu assediata dalle truppe serbo-bosniache per 43 mesi. Oggi, le ferite sono
ancora visibili, nelle persone, nelle città. E ferita è stata anche la comunità cattolica,
in questi anni dimezzata. Mons. Pero Sudar è vescovo ausiliare di Sarajevo,
Francesca Sabatinelli lo ha intervistato.
R. – A Natale
si verifica quanti siamo, perché quasi tutti quelli che possono vanno in chiesa. Se
paragoniamo con gli anni precedenti alla guerra, si nota che una metà della nostra
gente manca. Però, più importante sarebbe far capire alle persone che Natale ci educa,
ci fa capire che non bisogna fuggire davanti alle sfide della vita, tra queste anche
quella di vivere come minoranza: anche Gesù è stato, in qualche modo, dalla nascita
fino alla morte, un escluso, parte di una minoranza. Penso che questo dobbiamo far
capire a noi stessi: che non è il numero che conta, non è la potenza che conta. Natale
è essenziale perché Gesù non per caso ha evitato tutto questo, e noi a volte veramente
tradiamo, con le nostre pratiche, questo spirito di Natale. Certamente, in Bosnia
ed Erzegovina noi non siamo un Paese cristiano, noi siamo un Paese ‘anche’
cristiano, ma per il numero, per le circostanze, per le cose visibili, certamente
Natale a Sarajevo non si vedrà tanto, non si vedrà tanto in Bosnia ed Erzegovina.
Però io ritengo che sia molto importante far capire che anche a Betlemme il Natale
non si è capito, non si è manifestato con la sua forza: Gesù si è nascosto. Penso
che proprio lì dove siamo in difficoltà, e questo può capitare ovunque, lì proprio
nasce Gesù, Lui viene lì dove l’uomo è in difficoltà. E proprio lì dove come cattolici
siamo la minoranza, abbiamo bisogno di Dio e Dio ha bisogno di noi per far capire
che Lui è Dio di tutti gli uomini, Lui è nato per salvare ogni uomo!
D. – La
solidarietà nel suo Paese in questo momento è fondamentale, vista anche la condizione
socio-economica in cui si trova: molto difficile. E questo anche è importante da sottolineare
ai fedeli …
R. – Certo. Infatti, da noi oltre il 50 per cento delle persone
sono disoccupate, ci sono tante famiglie, tante persone che non hanno addirittura
più nemmeno quello che avevano durante la guerra. Allora la solidarietà è una cosa
che dobbiamo imparare dal Natale. Dio che si è fatto solidale con noi ha voluto che
noi diventassimo solidali gli uni con gli altri. Se in Bosnia ed Erzegovina tutti
fossero veramente solidali, nessuno rimarrebbe senza il necessario per vivere, perché
anche qui ci sono i ricconi e quelli che non hanno niente. Ecco, questa è la lezione
da imparare e questa ci è stata impartita da tanti uomini di buona volontà che durante
la guerra sono corsi in Bosnia da tutti i Paesi europei e hanno fatto capire cosa
vuol dire la solidarietà. Ecco: noi siamo sulla strada per imparare. Ma c’è ancora
moltissimo da fare, e sono convinto che anche questo dovrebbe essere un tema molto
importante in tutte le nostre prediche di Natale.