L'Egitto approva la nuova Costituzione: la sharia, fonte principale della legislazione
L’Egitto approva la nuova Costituzione. La nuova carta che definisce la “sharia”,
la legge islamica, come fonte principale della legislazione nazionale, risulta essere
stata approvata dal referendum confermativo con il 64% dei sì anche se i risultati
ufficiali arriveranno solo lunedì. A votare è stato circa il 32% degli aventi diritto.
E' quanto annuncia il partito dei Fratelli musulmani egiziani, Giustizia e Libertà,
dopo lo scrutinio dei due terzi dei voti al secondo turno. “Il popolo egiziano continua
la sua marcia verso il completamento della costruzione di un moderno Stato democratico,
dopo aver voltato la pagina dell'oppressione” si legge in una nota diramata dal partito.
Ma l'opposizione denuncia brogli e fa sapere che presenterà ulteriori iniziative contro
la nuova Carta costituzionale. Il referendum si è tenuto in due tornate, il 15 e il
22 dicembre, in zone differenti del Paese, a causa della scarsità di magistrati di
controllo che hanno boicottato le consultazioni. A vigilare sulla sicurezza sono stati
disposti circa 250 mila tra poliziotti e militari. Sul fronte istituzionale intanto
il governo del presidente Morsi continua a perdere elementi: ieri il vicepresidente
Mohamed Mekki, esponente della magistratura egiziana, ha rinunciato al proprio incarico
e si è dimesso anche il governatore della Banca Centrale, Faruq el Oqda, in carica
dal 2003. Dimissioni, queste ultime, smentite poi però dal governo. In entrambi i
casi la rinuncia sarebbe legata a divergenze con Morsi.
Per un’analisi su
quanto sta accadendo in Egitto, Massimiliano Menichetti ha chiesto l'opinione
di Valentina Colombo, della European Foundation for Democracy, ordinario di
Cultura e geopolitica dell’islam all’Università Europea di Roma: R. – Nel gennaio
2011, tutti noi avevamo creduto nelle "primavere arabe". Chi conosceva Paesi come
la Tunisia, l’Egitto, sapeva che erano sottoposti a regimi dittatoriali atroci, quindi
una rivoluzione che lasciava presupporre una vera democrazia ha aperto il cuore. Purtroppo
però, questa democrazia ha portato al potere i cosiddetti estremisti moderati, ovvero
i Fratelli musulmani, che sono estremisti e non sono moderati, mettendo a repentaglio
le libertà personali: in primis, le libertà delle minoranze e tra queste le libertà
delle minoranze cristiane e delle donne. Abbiamo di fronte un diritto in cui l’islam
è la religione naturale dell’uomo, in cui la libertà di culto, di conversione a un’altra
religione, non esiste, non è concessa. L’apostasia viene punita con la condanna a
morte e già questo è qualcosa di universalmente inaccettabile.D. – Cosa si profila
per la donna in questi Paesi?
R. - Laddove noi ci avviamo ad avere, sia in
Tunisia sia in Egitto, Costituzioni dove la sharia, il diritto islamico, è
la fonte principale della legge, noi sappiamo che da quel momento in cui queste Costituzioni
saranno approvate, la donna varrà la metà dell’uomo.
D. - Non è un modo dire…
R. – Assolutamente. Il diritto islamico, in qualsiasi sua interpretazione,
dalla più liberale alla più radicale, prevede che la donna erediti, per esempio, la
metà dell’uomo e che la testimonianza di un uomo equivalga alla testimonianza di due
donne.
D. – Il soggetto Fratelli musulmani chi è? Qual è il volto di questa
realtà?
R. – I Fratelli musulmani nascono in Egitto nel 1928 e sono anzitutto
un movimento molto organizzato, capillarmente diffuso in Egitto, perché hanno da sempre
svolto un’azione sociale. In questo momento loro – ben organizzati, ben finanziati
e grandissimi comunicatori – hanno capito che devono abbandonare il “linguaggio islamico”.
Per cui, dall’inizio della primavera araba, noi abbiamo avuto una cancellazione dello
slogan elettorale, politico, dei Fratelli musulmani “l’islam è la soluzione”, diventato
“la libertà e la giustizia sono la soluzione”. Dobbiamo ricordarci però che questa
libertà e questa giustizia non sono libertà e giustizia universali, come espressi
nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ma sono libertà e giustizia
dal punto di vista islamico.
D. – Giustizia o libertà cosa significano queste
parole nel mondo islamico?
R. - L’esempio più calzante è la parola "libertà",
che in senso islamico è contrario di schiavitù, null’altro. E’ sempre una libertà
limitata dalla sharia, dal diritto islamico che non prevede, per esempio, la
conversione di un musulmano durante la religione. Per cui, quando io dico libertà
è sottinteso che quel tipo di libertà non la devo neanche considerare tale, non la
devo ottemperare.
D. - La radice sulla quale i Fratelli musulmani si muovono,
lo scopo, è la creazione di uno Stato islamico unico?
R. – Si. E’ fondamentale
nel pensiero dei Fratelli musulmani, e si ritrova esplicitamente nel teologo Qaradawi,
l’imam di Al Jazeera, il primo imam a predicare in piazza Tahrir dopo la rivoluzione.
Lui dice chiaramente: con moderazione si arriverà ad uno Stato islamico unificato.
D.
- Questo vale da sempre?
R. - Fin dai tempi del quinto Congresso dei Fratelli
musulmani del 1939.
D. – Dunque il futuro sembra costellato di luci ed ombre...
R.
- Tutte quelle nazioni che sono state sottoposte ad anni di dittature. Il mondo arabo
deve crescere, deve imparare a gestire e a godere della democrazia, deve percorrere
una lunga strada. Lo farà, ci riuscirà, ma di sicuro avrà bisogno dell’aiuto e del
sostegno dell’Occidente, che forse dovrebbe smettere di credere agli estremisti moderati
e credere ai musulmani nella loro pluralità: quindi agli egiziani, ai tunisini ai
siriani e così via.
D. - Più ponti di dialogo e di confronto?
R. - Assolutamente.
Dobbiamo convincerci che il mondo arabo e il mondo islamico sono mondi plurali.