Iraq: timori e speranze dei cristiani per il Natale
La Chiesa irakena si avvicina al Natale fra timori di possibili violenze, ansia per
le condizioni di salute del presidente Jalal Talabani e la speranza per un futuro
di pace in una nazione ancora oggi sconvolta da tensioni, attentati e guerre di potere.
Il capo di Stato - riferisce l'agenzia Asianews - giovedì è stato trasferito in Germania
per nuove cure, dopo l'inctus che lo ha colpito il 17 dicembre scorso. Ad alimentare
la situazione di incertezza le dimissioni - accolte da Benedetto XVI - del cardinale
Emmanuel Delly dall'ufficio di Patriarca di Babilonia dei Caldei, la comunità più
popolosa e rappresentativa in Iraq. Al successore, eletto nel sinodo dei vescovi convocato
dal papa a Roma per fine gennaio 2013, il compito di condurre una Chiesa segnata da
divisioni e paure, ridando fiducia a una comunità più che dimezzata dall'invasione
statunitense del 2003, che ha portato alla caduta di Saddam Hussein. Mons. Shlemon
Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, spiega ad AsiaNews che "i cristiani irakeni
sono preparati" alle difficolta, che "sono costretti a subire da anni". Il prelato
auspica che il Natale alle porte sia occasione "per avverare quanto hanno detto gli
angeli: pace in terra". Pace e sicurezza in Iraq, aggiunge, sono infatti l'augurio
più sentito e sincero fra i cristiani, con l'auspicio che siano estesi "al Medio Oriente
in generale e a tutto il mondo". Le chiese della capitale, continua mons. Warduni,
"stanno allestendo presepi, alberi di Natale" e i sacerdoti preparano la messa, che
"non si terrà a mezzanotte, ma alle 7 di sera per facilitare la presenza dei fedeli
e garantire maggiore sicurezza". Per quanto concerne la situazione politica, il prelato
conferma che "persistono divisioni fra nord, centro e sud, acuite dalla malattia del
presidente", ma "noi tutti speriamo che le cose andranno meglio". Infine un accenno
al nuovo, futuro leader della Chiesa caldea irakena: "Vogliamo un Patriarca - conclude
mons. Warduni - che faccia la volontà di Dio per il bene della sua Chiesa. Tutti dovremo
collaborare con lui, all'insegna dell'unità e dell'amore di Dio, rafforzando gli elementi
di cooperazione e dialogo". Sul futuro dell'Iraq e le responsabilità del nuovo Patriarca
interviene anche mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, nel nord, secondo cui sarà
fondamentale la scelta di "un buon pastore, che lavora per l'unità dei cristiani".
Il nuovo leader, aggiunge, dovrà "guardare anche alle riforme pastorali, liturgiche,
mettere mano alla struttura delle diocesi, soprattutto quelle piccole". Egli sarà
chiamato a fornire segnali di "rinnovamento a tutti i livelli, anche per ciò che concerne
la formazione dei seminaristi, i laici, i religiosi, la spiritualità". A livello nazionale,
continua il prelato, deve giocare "un ruolo positivo nella riconciliazione" e dar
vita anche a una "curia patriarcale: un lavoro che fa paura, per questo servirà qualcuno
che viene dal cielo". Mons. Sako si augura infine che i fedeli possano vivere un Natale
di "fiducia e di speranza" nel futuro, nonostante le tensioni e le incertezze che
contraddistinguono la realtà odierna, "Preghiamo per il Paese - conclude - perché
gli irakeni possano vivere assieme senza violenze, paura. La nazione deve svilupparsi
e non può più permettersi di perdere nuove occasioni". (R.P.)