Padre Cantalamessa: i cristiani evangelizzino il mondo con la gioia della fede
Il mondo deve essere evangelizzato dalla gioia cristiana: quella fatta di speranza,
fiducia, di pienezza di senso, doni che vengono da Dio. Lo ha affermato ieri mattina
il predicatore, padre Raniero Cantalamessa, nella terza e conclusiva predica di Avvento,
tenuta al Papa e alla Curia Romana. Il servizio di Alessandro De Carolis:
C’è una tristezza
che “prende alla gola” tanti, specie a Natale. È una constatazione inoppugnabile quella
che padre Cantalamessa fa a un certo punto della sua riflessione. Tale tristezza,
osserva, non dipende dalla mancanza di beni, “perché è molto più evidente nei Paesi
ricchi che in quelli poveri”. È la tristezza dei senza speranza, dei pessimisti, degli
arrabbiati contro l’uomo e il mondo, che stride con i sentimenti del Natale. E poi
c’è la gioia cristiana, che scaturisce dall’agire di Dio nel tempo e “come una vibrazione
e un’ondata di gioia” si “propaga poi per generazioni”, per sempre:
“La
gioia cristiana è interiore; non viene dal di fuori, ma dal di dentro, come certi
laghi alpini che si alimentano, non da un fiume che vi si getta dall’esterno, ma da
una sorgente che zampilla nel suo stesso fondo. Nasce dall’agire misterioso e attuale
di Dio nel cuore dell’uomo in grazia (…). È ‘frutto dello Spirito’e si esprime in
pace del cuore, pienezza di senso, capacità di amare e di lasciarsi amare e soprattutto
in speranza, senza la quale non ci può essere gioia”.
Come può, questo
tipo di gioia “raggiungere la Chiesa di oggi e contagiarla?”, si chiede subito dopo
il predicatore pontificio. La riflessione che segue è come di consueto intensa per
l’intreccio tra profondità spirituale e cultura biblica:
“Se la Chiesa di
oggi vuole ritrovare, in mezzo a tutte le angustie e le tribolazioni che la stringono,
le vie del coraggio e della gioia, deve aprire bene gli occhi su ciò che Dio sta compiendo
oggi stesso in lei (...) Chiudiamo forse gli occhi, così facendo, ai tanti mali che
affliggono la Chiesa e ai tradimenti di tanti suoi ministri? No, ma dal momento che
il mondo e i suoi media non mettono in risalto, della Chiesa, che queste cose, è bene
una volta sollevare lo sguardo e vedere anche il lato luminoso di essa, la sua santità”.
E
la luce c’è, constata padre Cantalamessa, nonostante vi sia chi – come recitava uno
slogan sui bus londinesi di qualche anno fa – sostenga che “Dio probabilmente non
esiste. Dunque smetti di tormentarti e goditi la vita”:
”Il messaggio sottinteso
è che la fede in Dio impedisce di godere la vita, è nemica della gioia. Senza di essa
ci sarebbe più felicità nel mondo! Bisogna dare una risposta a questa insinuazione
che tiene lontani dalla fede soprattutto i giovani (...) L’uso della droga, l’abuso
del sesso, la violenza omicida, sul momento danno l’ebbrezza del piacere, ma conducono
alla dissoluzione morale, e spesso anche fisica, della persona. Cristo ha ribaltato
il rapporto tra piacere e dolore. Egli ‘in cambio della gioia che gli era posta innanzi,
si sottomise alla croce’. Non più un piacere che termina in sofferenza, ma una sofferenza
che porta alla vita e alla gioia”.
Del resto, sottolinea il predicatore
francescano, nella Bibbia stessa il procedere del tempo segue significativamente una
scansione diversa dal comune sentire:
“Nel calcolo umano, il giorno inizia
con la mattina e termina con la notte; per la Bibbia comincia con la notte e termina
con il giorno: ‘E fu sera e fu mattina: primo giorno’, recita il racconto della creazione.
Anche per la liturgia, la solennità comincia con i vespri della vigilia. Che significa
questo? Che senza Dio, la vita è un giorno che termina nella notte; con Dio, è una
notte (a volte, una ‘notte oscura’), ma termina nel giorno, e un giorno senza tramonto”.
“Quando
il mondo bussa alle porte della Chiesa – perfino quando lo fa con violenza e con ira
– è perché cerca la gioia”, osserva padre Cantalamessa. E “anche dentro la Chiesa,
non solo verso quelli di fuori c’è bisogno vitale della testimonianza della gioia”:
“I
cristiani testimoniano, perciò, la gioia quando mettono in pratica queste disposizioni;
quando, evitando ogni acredine e inutile risentimento nel dialogo con il mondo e tra
loro, sanno irradiare fiducia, imitando, in tal modo, Dio, che fa piovere la sua acqua
anche sugli ingiusti (...) Paolo VI, nella sua ‘Esortazione apostolica sulla gioia’,
scritta negli ultimi anni del suo pontificato, parla di uno “sguardo positivo sulle
persone e sulle cose, frutto d’uno spirito umano illuminato e dello Spirito Santo”.