Le Nazioni Unite mettono al bando le mutilazioni genitali femminili in tutto il mondo
Le Nazioni Unite hanno messo al bando le mutilazioni genitali femminili. Un’approvazione
per consenso, quella giunta dall’Assemblea generale dell’Onu, che esorta gli Stati
ad abolire la pratica, chiedendo loro di promuovere programmi ad hoc nel settore sociale
ed educativo per favorirne l'abbandono. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
Sono tra i 130
ed i 140 milioni le donne nel mondo sottoposte alle mutilazioni genitali. Infibulazione,
escissione, circoncisione: pratiche non terapeutiche e non legate alle religioni,
ma piuttosto a tradizioni diffuse, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità,
in almeno 28 Paesi, concentrati nell’Africa subsahariana – ma vengono segnalati casi
anche in Medio Oriente ed in Asia. Tre milioni le donne a rischio ogni anno, soprattutto
bambine, ma a seconda dei Paesi le pratiche avvengono in età differenti: nel sud della
Nigeria si interviene sulle neonate, in Somalia sulle bambine, in Uganda sulle adolescenti.
In tutti i casi, però, senza distinzione, le mutilazioni ledono gravemente la salute
delle donne, con conseguenze gravissime sul piano psico-fisico, sia immediate – rischio
di a volte mortali – sia a lungo termine – difficoltà nei rapporti sessuali, rischio
di morte nel parto sia per la madre sia per il nascituro. Un vero flagello, insomma,
al centro di una battaglia portata avanti da numerosi movimenti, associazioni, scienziati.
Battaglia durata anni e che ieri ha incassato una vittoria enorme. Vittoria che ha
un sapore ancora più forte, se si considera che il testo della risoluzione è stato
presentato al Palazzo di vetro dai Paesi africani, sostenuti dall’Italia. L'Assemblea
generale dell'Onu esorta gli Stati membri ad abolire la pratica e chiede loro di promuovere
programmi ad hoc nel settore sociale ed educativo per favorirne l'abbandono. L'approvazione
del testo, senza discussione nè emendamenti, testimonia l'ampio accordo politico alla
base del dispositivo, il primo dedicato specificamente al tema.
Di "giornata
storica" hanno parlato tutti i sostenitori dell’abolizione delle pratiche di mutilazione.
Tra loro, anche Omar Abdulkadir, ginecologo somalo, direttore del Centro per
la prevenzione e cura delle mutilazioni genitali femminili dell’ospedale Careggi di
Firenze, da anni in prima linea nella cura delle donne mutilate. Salvatore Sabatino
lo ha intervistato:
R. – Io credo
sia una vittoria per tutte le bambine, per tutte le donne del mondo, laddove sono
praticate mutilazioni genitali femminili, e una vittoria per i diritti umani. Questa
è la cosa più importante. La cosa, però, non è ancora finita: noi stiamo curando le
donne che hanno ancora complicazioni dovute a questa pratica e ci vorranno anni e
anni di cure. E’ una realtà che dura da seimila anni e non si può pensare che in un
solo attimo finisca tutto: ci vorranno ancora generazioni e generazioni, affinché
nessun’altra bambina venga ancora toccata nel mondo.
D. – Le mutilazioni genitali
femminili, attraverso i flussi migratori, si sono diffuse e in Occidente e anche in
Italia: tutto questo nella clandestinità e questo rende ancora più pericolose queste
pratiche…
R. – Questo è vero, perché è più insidioso e non si può controllare.
Ci sono ancora persone fortemente radicate alla cultura e sono quelle ancora attaccate
alla terra e ai vincoli della tradizione e della famiglia. Si cerca di combatterle
e non solo a livello legale, ma anche cercando di educare, formare e facendo soprattutto
una grande prevenzione.
D. – Cosa rischia una donna dal punto di vista clinico?
R.
– Oggi come oggi, i medici – soprattutto in Italia – avendo fatto tantissimi corsi
di formazione riescono ad affrontare tutti i problemi legati alle complicanze delle
mutilazioni genitali femminili. Alcune volte ci sfugge, ma il rischio è soltanto quello
di ricorre ad un cesareo non programmo e dovuto alle mutilazioni genitali femminili.
D. – C’è il rischio, poi, anche d’infezioni?
R. – Sì, il rischio di
infezioni e molte volte diventano anche croniche e possono arrivare al grado superiore
e determinare, oltre l’infezione, anche una sterilità di coppia futura.
D.
– E’ bene specificare che alla base delle mutilazioni genitali femminili non ci sono
motivi religiosi, ma semplicemente tradizioni che vengono tramandate ormai da millenni…
R.
– Questo è vero. Se finora è stato mascherato sotto la religione islamica, perché
i Paesi che le praticano di più sono di religione musulmani, oggi sceicchi e cultori
delle religione islamica le stanno mettendo al bando, cercando di far capire alle
persone che in questo non c’entra assolutamente nulla la religione. Le mutilazioni
genitali femminile vengono praticate in tutto il mondo, a qualunque religione si appartenga.
D. – Lei è somalo e la Somalia è un Paese in cui sono molto diffuse queste
pratiche. Com’è diventano paladino di coloro che combattano le mutilazioni genitali
femminili?
R. – Avendo avuto tante sorelle che sono state mutilate davanti
a me, così come tante cugine, vedendo la sofferenza di queste bambine e volendo fare
da sempre il medico, sono stato sempre contrario a questo. Da lì è iniziata la mia
battaglia, anche se la battaglia vera è iniziata quando sono arrivato in Italia: ancora
studente, ho visto delle donne somale venire dove studiavo con una grande sofferenza
e vedere i miei colleghi non riuscire a capire nulla di questa faccenda. Ho cominciato
così subito a dare una mano: ho cominciato aiutando una sola donna e poi, da lì, è
iniziata la mia battaglia, che dura ancora oggi.