Dall'Onu il "no" alla pena di morte: la soddisfazione del ministro Terzi
Un record nella storia della lotta alla pena di morte: è stato raggiunto ieri, al
Palazzo di vetro di New York, dove l'Assemblea generale dell'Onu ha approvato la
risoluzione per il blocco delle esecuzioni: 111 i voti a favore, due in più rispetto
al 2010, 34 gli astenuti, 41 i contrari, tra i quali Stati Uniti, Cina, Giappone,
India, Corea del Nord, Iran e Arabia Saudita. Attualmente, sono 58 tra Paesi e territori
ad avere ancora in vigore la pena capitale. Quella di ieri è stata definita dal ministro
degli Esteri, GiulioTerzi, "una giornata storica per l'affermazione
dei valori universali della civiltà". Ascoltiamolo, intervistato da FrancescaSabatinelli:
R. – E’ una
grande soddisfazione da parte della Farnesina e del governo italiano. Mi consenta
di ricordare anche l’azione da diplomatico da me svolta per molti anni. Nel 1993,
partecipai personalmente in Assemblea generale, in terza commissione, agli esordi
di questo grandissimo impegno, con l’obiettivo di una moratoria che, per molti anni,
rimase lento, debole, non interamente convinto anche sul piano europeo. Da alcuni
anni, siamo riusciti a ottenere queste risoluzioni che periodicamente confermano un
crescendo di impegno della comunità internazionale nel rimuovere, dagli ordinamenti
degli Stati, questa terribile realtà che è la pena capitale. Quest’anno, il risultato
è molto buono: vediamo come oramai ci sia una schiera amplissima di Paesi contrari
alla pena di morte, con voti contrari di un nucleo di un quinto – praticamente – dell’Assemblea
generale. Ma ci sono progressi significativi anche sui contenuti, perché in questa
risoluzione per la prima volta si prevede il divieto di imporre questa pena ai minori
e alle donne in gravidanza. Una condizione, questa, che accende i riflettori su questa
piaga di una pena che nei Paesi non abolizionisti ancora viene praticata su categorie
deboli, deboli anche dal punto dell’affermazione delle loro ragioni, anche in giudizio.
Sono due impegni che ha sostenuto in particolare il nostro Paese. Quindi, siamo lieti
di essere riusciti, insieme ad altri Paesi, a farli inserire nel testo della risoluzione.
Vorrei anche sottolineare il grande impegno della società civile, delle associazioni,
delle organizzazioni non governative, che hanno cooperato strettamente con il Ministero
degli Affari Esteri per ottenere questo risultato.
D. – Il voto dell’Assemblea
generale sappiamo che non è vincolante, però esprime la volontà della comunità internazionale
di andare verso la direzione di una moratoria. Quindi, il 2012 si chiude positivamente.
Eppure, in questo stesso anno abbiamo visto in alcuni Paesi – l’India, per esempio
– un ritorno all’utilizzo della pena di morte. Questo, in qualche modo, dà anche un
segnale contrario?
R. – Dà segnali contrari che però sono ampiamente assorbiti
da quella che, come dicevo, è una realtà crescente di Stati e di opinioni pubbliche
che vedono questa pratica come qualcosa di orribile e di avulso dalla coscienza delle
persone. E’ chiaro che è un lavoro che bisogna fare dal basso, anche, ed è per questo
che il coinvolgimento della società civile, del volontariato, delle organizzazioni
impegnate nella lotta per affermare i diritti umani, è di fondamentale rilevanza,
oltre che – naturalmente – l’azione diplomatica.
D. – E l’Italia continuerà
la sua …
R. – Continueremo, perché questo è un obiettivo di valenza strategica:
rientra nel grande capitolo della tutela dei diritti dell’uomo e delle nostre radicate
convinzioni per la tutela delle libertà fondamentali dell’individuo.
Questo
voto conferma il crecente sostegno globale verso l'obiettivo abolizionista: è quanto
dichiarato da Amnesty International, da sempre in prima linea nella battaglia contro
la pena di morte. Al microfono di FrancescaSabatinelli, il portavoce
di Amnesty Italia, RiccardoNoury:
R. – E’ veramente
importante, perché si ribadisce, per la quarta volta dal 2007, che la pena di morte
è una questione di diritti umani ed è una questione su cui ci si interroga a livello
internazionale da parte del massimo organo rappresentativo degli Stati. E’ molto confortante
il fatto che via via, nel corso delle quattro votazioni su altrettante risoluzioni,
il numero dei Paesi a favore sia sempre, costantemente, salito e si avvicini quasi
a coincidere con il totale effettivo dei Paesi – oggi circa 140 – che non ricorrono
più alla pena di morte, perché l’hanno abolita o per prassi abolizionista. E' un segnale
importante per un 2013 in cui continueremo ad avere buone notizie dal fronte della
pena di morte, ne sono sicuro.
D. – Ci sono dei Paesi che sono passati sul
fronte di chi ha votato a favore: il Ciad, la Repubblica Centroafricana, le Seychelles,
la Sierra Leone. Stati dai quali forse non ci si aspettava una posizione così...
R.
– Sì, soprattutto se consideriamo che vengono quasi da un solo continente: dall’Africa,
e in particolare dell’Africa subsahariana. Va segnalata anche la Tunisia – la nuova
Tunisia – che ha votato a favore per la prima volta. Insomma, è la conferma che complessivamente
il continente africano è quello che si sta muovendo di più sul tema dell’abolizione
della pena di morte, e conferma anche che la preoccupazione per la pena capitale non
è una preoccupazione occidentale o eurocentrica, perché i più grossi risultati dal
punto di vista dell’abolizione della pena capitale in quest’ultimo decennio sono arrivati
proprio dai Paesi africani.
D. – Ci sono Paesi come il Bahrein, l’Oman – che
hanno votato contro, anziché astenersi come in precedenza – e Paesi come Maldive,
Namibia, Sri Lanka, che si sono astenuti anziché confermare il voto a favore. Che
cosa è accaduto in questi Paesi per far cambiare la scelta in questo modo?
R.
– E’ difficile dare una soluzione che riguardi tutti i Paesi. Per quanto riguarda
le Maldive c’è stato un colpo di Stato, quindi la situazione nel corso dell’anno è
cambiata. Llo Sri Lanka sta vivendo proprio in queste settimane una ripresa di repressione
e anche di agitazione sociale molto forte, da parte degli studenti. Il Bahrein, con
questo voto “contro”, conferma una involuzione di tipo repressivo all’interno di questo
Paese. Gli altri, poi, avranno ragioni che possono derivare da situazioni legate magari
ad un aumento della criminalità, che si pretende di contrastare in modo assolutamente
inefficace, peraltro, con la pena di morte. Ci sono stati casi di Paesi di tradizione
abolizionista abbastanza forte che però l’hanno interrotta: penso all’India, al Pakistan,
in Giappone si è interrotta una mini-moratoria di un anno. Questo voto, quindi, giunge
in un momento opportuno per ribadire, nonostante un anno non buono per quanto riguarda
la pena di morte, che la comunità internazionale è indirizzata, senza indugio e senza
indecisioni, verso il traguardo dell’abolizione.