Diverse vittime, decine di feriti, case in fiamme e giovani armati che si fronteggiano
in strada: mons. Rudolf Deng Majak, vescovo di Wau, descrive in questi termini all'agenzia
Misna la nuova crisi in questa città del Sud Sudan già teatro di violenze all’inizio
del mese. “All’ospedale San Daniele Comboni – dice il vescovo – ho visto almeno due
cadaveri e una quarantina di feriti: sui loro corpi c’erano i segni lasciati dai proiettili”.
Secondo mons. Majak, le violenze sono legate a contrasti politici che hanno finito
per contrapporre i giovani di etnia dinka a quelli delle altre comunità della città.
I dinka contesterebbero il governatore dello Stato di Western Bahr el Ghazal, Rizik
Zachariah Hassan, esponente di un gruppo etnico minoritario in città. “Sono state
date alle fiamme molte abitazioni – sottolinea il vescovo – e le forze di polizia
non sono in grado di contenere la violenza: il governo di Juba deve inviare al più
presto rinforzi”. Gli scontri sono ripresi ieri, dopo una prima esplosione di violenza
il 9 dicembre. Quel giorno le forze di sicurezza avevano sparato ad altezza d’uomo
su un gruppo di giovani che aveva raggiunto la sede dell’abitazione del governatore.
Secondo diverse fonti, le vittime erano state almeno dieci. I giovani volevano protestare
contro la decisione di trasferire la sede della contea da Wau, la capitale di Western
Bahr el Ghazal, alla vicina località di Baggare. Secondo il vescovo, i fatti di oggi
confermano che le cause delle tensioni sono più profonde. “La questione del potere
– dice mons. Majak – è resa decisiva dall’alto livello della disoccupazione e dalla
crescita costante dei prezzi nei mercati”. (R.P.)