“Emergenza Nigeria: a Natale tieni accesa la speranza”: la campagna di Acs
Essere accanto ai cristiani della Nigeria, in vista del Natale. E’ con questo intento
che la Fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre” lancia la campagna natalizia
di raccolta fondi in favore della Chiesa del Paese africano, flagellato da numerosi
attentati del gruppo fondamentalista islamico di Boko Aram. Solo nell’ultimo anno
sono morte circa 400 persone. “Emergenza Nigeria: a Natale tieni accesa la speranza”
è il nome dell’iniziativa e per informazioni sulle donazioni si può visitare il sito
www.acs-italia.org. Debora Donnini ha intervistato Marta Petrosillo,
portavoce di Aiuto alla Chiesa che Soffre:
R. - Questo
non sarà sicuramente un Natale semplice per i cristiani nigeriani, perché vengono
da un anno in cui gli attentati sono divenuti quasi una tragica ricorrenza settimanale.
E poi, soprattutto, vengono da due tragici Natali: il 24 dicembre del 2010 ci sono
stati degli attentati sia a Maiduguru che a Jos, mentre l’anno scorso diversi attentati
sono avvenuti durante il giorno di Natale. Noi di "Aiuto alla Chiesa che soffre" abbiamo
voluto allora essere vicini ai cristiani nigeriani. Quello che proponiamo è un sostegno
aperto: non abbiamo voluto promuovere un progetto specifico, perché vogliamo sostenere
diversi tipi di progetti: dalla formazione dei sacerdoti al sostegno di borse di studio,
alla costruzione e restauro di nuove chiese, al sostegno di piccoli media cattolici…
D.
- Andare a Messa per i cristiani nigeriani è spesso un pericolo, visti gli attentati
che si sono susseguiti. C’è qualche testimonianza in particolare che vuole raccontare?
R.
- Le testimonianze ricevute sono veramente tantissime. Poco tempo fa, parlavo con
un sacerdote, don Valentine, che ci ha raccontato di una signora di Abuja che gli
ha detto: “Ogni volta che vado in chiesa, mi chiedo se ritornerò a casa, ma devo continuare
ad andare, perché noi cristiani, succeda quel che succeda, dobbiamo continuare ad
andare in Chiesa”. Questa è una testimonianza che riflette il coraggio dei fedeli.
Ultimamente, le chiese hanno cercato di prendere molte misure di sicurezza. Alcune
hanno installato metal detector, altre hanno guardie di sicurezza che perquisiscono
le persone quando entrano in chiesa. Nonostante ciò, il clima non è assolutamente
tranquillo durante le funzioni.
D. - I vescovi hanno varie volte lanciato un
appello al perdono…
R. - I vescovi hanno più volte invitato i fedeli a non
cercare la vendetta in alcun modo. Hanno soprattutto sottolineato che non parliamo
di un problema di relazioni tra cristiani e musulmani, ma parliamo solamente di una
piccola parte. Arrivano tantissimi attestati di solidarietà dalla comunità musulmana.
La setta Boko Haram non identifica ovviamente la totalità della comunità islamica.
D.
- La situazione è particolarmente difficile nei 12 Stati del Nord della Nigeria, come
ad esempio nello Stato di Kaduna, dove la sharia è fonte del diritto.
R.
- Sì, infatti la maggior parte degli attentati avvengono nel Nord. Al di là degli
attentati, c’è proprio una forte discriminazione, perché questi 12 Stati hanno adottato
la sharia anche come fonte del diritto penale. Questo implica la presenza di
questi reati "contro la volontà divina". Teoricamente la sharia, la legge coranica,
non dovrebbe essere valida anche per i non musulmani. D fatto, come sappiamo, questo
non accade, e non solo in Nigeria. Molto spesso vengono inflitte le pene anche ai
non musulmani: pene che includono flagellazioni, mutilazioni... Vengono considerate
ad esempio le infrazioni al codice con l'abbigliamento: ci sono stati diversi casi
di donne cristiane che sono state incolpate di questi reati. E poi accuse di blasfemia
e soprattutto discriminazioni di vario tipo: dalla difficoltà per i permessi per costruire
le chiese, a quella per potersi assicurare un piccolo spazio sui media statali che
molto spesso prendono di mira il cristianesimo, parliamo sempre degli Stati del Nord
della Nigeria.