Ricerca Usa su fede nel mondo: l’84% segue una religione. Cristiani 2,2 miliardi
Sono i cristiani i fedeli più numerosi al mondo, seguiti da musulmani, induisti, buddsiti
ed ebrei: lo documenta una approfondita ricerca del "Pew Research Center’s Forum on
Religion and Public Life", l’Istituto di ricerca con sede a Washington che
dal 2001 studia i rapporti tra religioni e vita pubblica. Lo studio pubblicato ieri
si basa su dati raccolti in oltre 230 Paesi e territori. Roberta Gisotti ne
ha parlato con il prof. Sergio Belardinelli, ordinario di Sociologia all’Università
di Bologna:
Credere nell’aldilà:
5 miliardi e 800 milioni di persone - l’84% della popolazione mondiale - segue una
religione. 2,2 miliardi sono cristiani, 1,6 musulmani, 1 miliardo indù, 500 milioni
buddisti, 14 milioni ebrei; 400 milioni sono seguaci di credenze tradizionali (africane,
cinesi, aborigene australiane), 58 milioni aderiscono a Sikhismo, Taoismo, Shintoismo,
Jainismo. C’è poi un miliardo e 100 mila di non affiliati ad alcuna religione, tanto
che il giornale La Repubblica titola “E' l’ateismo la terza religione del mondo”.
Ma le cose non stanno proprio così.
Prof. Belardinelli, anzitutto lo studio
conferma quanto già risaputo o ci sono sorprese?
R. – Non ci sono sorprese.
Sapevamo bene che la religione cristiana è la prima religione del mondo e che quella
musulmana è in ascesa. La questione degli atei come terza religione è molto controversa.
Proprio perché i mondi delle religioni sono tutti estremamente articolati e a maggior
ragione lo è quello dell’ateismo.
D. - Che cosa può nascondere la titolazione
in negativo de La Repubblica “Un uomo su sei non crede”, quando poi lo studio chiarisce
che quell’uomo su sei in massima parte crede in qualcosa che non trova riscontro nelle
religioni ufficiali?
R. – Forse per La Repubblica è anche un desiderio che
le cose stiano così. In realtà, di atei militanti ce ne sono pochi. Io mi preoccuperei
più delle fasce sempre più larghe di agnosticismo, di vaghezza, in ordine al problema
religioso, che poi sono quelle che magari si riscontrano anche dentro le religioni.
D.
– Il fatto che l’84% dichiari di riconoscersi in una religione è forse un richiamo
alle leadership delle religioni a dare risposte?
R. – E’ un richiamo che ci
dice la serietà della religione. Ci dice che il senso di Dio è diffuso nel cuore degli
uomini. Tutti coloro che hanno a cuore la propria fede dovrebbero farsi carico di
questo dato. Io credo che la grande risorsa di tutte le religioni, in particolare
di quella cattolica, sia il popolo dei credenti. Certamente, il popolo dei credenti
non è quei 2,2 miliardi che ci dicono nel sondaggio. Forse sono di meno, però quel
popolo è una grande ricchezza. Alle leadership sta il compito di guidarlo e di farsi
carico culturalmente di tutti questi dati, cercando di interpretarli nel modo giusto.
Soprattutto nel capire che la crisi del mondo contemporaneo non è una crisi del senso
di Dio: è una crisi dei modi, forse, con i quali, cerchiamo di fare capire questo
senso di Dio e che sono spesso inadeguati.