Pakistan: sospese vaccinazioni antipolio dopo gli ennesimi eccidi di volontari
L'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e l'Onu hanno ordinato la sospensione
della vaccinazione antipolio in Pakistan, dopo che questa mattina altri tre volontari
sono stati uccisi. E’ accaduto nei pressi di Peshawar, mentre l’eccidio delle cinque
operatrici di ieri è avvenuto a Karachi. Condanna dal segretario generale dell'Onu,
Ban Ki-moon. I militanti islamici si dicono contrari alle vaccinazioni e i talebani
accusano i volontari di spionaggio. Spiega perché, nell’intervista di Fausta Speranza,il prof. Arduino Paniccia, docente di Studi strategici all’Università di
Trieste:
R. – Io credo
che la fase di strumentalizzazione sia molto forte. Certamente, vi sono delle resistenze
nelle aree tribali, soprattutto nelle zone di campagna del Pakistan che sono molto
estese. Tuttavia, io credo che la strumentalizzazione sulla vicenda delle vaccinazioni
sia diventata fortissima soprattutto a seguito del caso del medico Shakeel Afridi,
considerato agente degli americani e praticamente accusato di girare nel villaggio
e nella città di Abbottabad con un programma di immunizzazione tramite vaccini per
scoprire, in realtà, dove fosse Bin Laden. Da quel momento, la vicenda delle vaccinazioni
ha assunto una bruttissima piega. E quindi si mescolano certamente credenze antiche
assieme però a fortissime e reali strumentalizzazioni.
D. – Chiaramente, l’Organizzazione
Mondiale della Sanità ha sospeso le vaccinazioni, perché troppo pericolose, essendoci
già troppi volontari uccisi. Ma che cosa si può fare?
R. – C’è naturalmente
da recuperare una situazione molto difficile nei rapporti con il Pakistan, dove qualsiasi
organizzazione occidentale ha, nel corso di questi ultimi anni, perso di assoluta
credibilità, sia essa statunitense, sia delle stesse Nazioni Unite, sia di volontari.
Tranne solo qualche raro caso in cui ancora vi è la possibilità di operare e di lavorare
anche per alleviare le grandi sofferenze, in alcuni casi, della popolazione soprattutto
– ripeto – nelle zone a ridosso del confine afghano, che sono comunque estesissime.
La polio stessa ha oltre duemila casi all’anno - è ormai endemica - e questo succede
in pochi Paesi del mondo. Quindi, il recupero della possibilità di rapporti con le
organizzazioni internazionali e occidentali sarà naturalmente il primo punto, altrimenti
sarà praticamente impossibile passare non solo nelle campagne, ma nelle stesse città.
Non dimentichiamo che l’attacco è avvenuto anche a Karachi, una metropoli sterminata,
di più di 16 milioni di abitanti, sui quali il controllo è difficilissimo. Un tempo
considerata la capitale economica è ora luogo dove, comunque, è difficile operare
per qualsiasi organizzazione, che non sia strettamente legata al Pakistan. A questo
punto, chiunque dia una mano - gli stessi volontari e le donne volontarie, che sono
moltissime - viene colpito dai talebani, perché sostanzialmente ormai si considera,
dopo quella bruttissima vicenda i cui contorni non sono peraltro assolutamente ancora
chiari e che ha dato luogo negli ultimi giorni a scontri sui principali giornali americani,
come questa vicenda stessa. Quindi, il recupero parte da un nuovo e diverso rapporto,
che comunque superi la vicenda del medico e che cerchi, attraverso una forte campagna
delle Nazioni Unite, di comunicare alla popolazione che i volontari non solo delle
spie.