Irlanda: per i vescovi la legge sull’aborto altera equilibrio tra i diritti di madre
e figlio
Forte preoccupazione dei vescovi cattolici d’Irlanda per la decisione presa dal governo
irlandese di regolamentare l‘interruzione di gravidanza, seppure nei casi limitati
in cui la donna sia in grave pericolo di vita. L’annuncio - riferisce l'agenzia Sir
- è stato dato al termine di un dibattito interno al Paese, che era diventato infuocato
in seguito a un tragico fatto di cronaca: la morte per setticemia, in ottobre, di
una trentunenne di origini indiane, Savita Halappanavar, una settimana dopo la richiesta
di aborto - respinta - presentata alla clinica universitaria di Galway. Appresa la
notizia, a scendere in campo compatti sono stati tutti i quattro arcivescovi cattolici
irlandesi che in un comunicato congiunto scrivono: “Se ciò che viene proposto dovesse
diventare legge, il delicato equilibrio previsto dalla legge attuale e dalla pratica
medica in Irlanda tra l‘uguale diritto alla vita di una madre e il suo bambino non
ancora nato potrebbe venire alterato. Si aprirebbe la strada verso l‘uccisione diretta
e intenzionale dei bambini non ancora nati. E questo non può mai essere moralmente
giustificato in nessun caso”. Una sentenza della Corte suprema del 1992 aveva aperto
la strada alla legalizzazione dell‘aborto in caso di grave rischio per la donna, ma
la regolamentazione della materia non è mai stata portata a termine. E i vescovi commentano:
“legiferare sulla base di quella sentenza imperfetta sarebbe tragico oltre che inutile”.
“Il diritto alla vita - scrivono gli arcivescovi cattolici - è il più fondamentale
di tutti i diritti”. I vescovi richiamano quindi la responsabilità dei rappresentanti
politici dalla cui scelta di voto dipenderà l’esito della legge. E invocano “su una
decisione di tale importanza morale fondamentale” che sia garantita ad ogni rappresentante
politico il diritto e il rispetto della libertà di coscienza. “Nessuno ha il diritto
di forzare o costringere qualcuno ad agire contro la propria coscienza. Il rispetto
di questo diritto è il fondamento stesso di una società libera, civile e democratica”.
(I.P.)