Campagna "Why Poverty?": gli aiuti della Chiesa per i poveri dell'America Latina
La Radio Vaticana continua a dare il suo contributo alla Campagna “Why Poverty?” promossa
dall'Unione Europea di Radiodiffusione (Uer). Oggi ci occupiamo dei poveri dell’America
Latina che il Pontificio Consiglio Cor Unum, il dicastero del Papa per la carità,
aiuta attraverso la Fondazione “Populorum Progressio” voluta dal Beato Giovanni Paolo
II, per sostenere progetti di sviluppo per i poveri del continente latinoamericano.
A Cor Unum la Fondazione è seguita dal sottosegretario del dicastero, mons. Segundo
Tejado Muñozche insieme a 6 vescovi del continente è membro del Consiglio
di amministrazione dell'organismo. Roberto Piermarini gli ha chiesto cosa ha
spinto il Beato Giovanni Paolo II a volere questa Fondazione:
R. – In primo
luogo, il Santo Padre, in occasione del V centenario dell’evangelizzazione dell’America,
ha istituito nel 1992 questa Fondazione. L’idea primaria, quella che ancora sussiste,
è quella di aiutare queste popolazioni, che hanno tradizioni ancestrali nella loro
vita e nella loro comunità, che vivono il rischio in questa società postmoderna così
prepotente di perdere la loro identità. Quindi, il suo occhio, il suo sguardo è diretto
proprio a queste popolazioni più vulnerabili, di fronte a questo mondo postmoderno,
per aiutarle nel loro sviluppo, uno sviluppo che non sia imposto, ma che parta proprio
da loro.
D. – Quali progetti ha portato avanti la Fondazione in tutti questi
anni, per le popolazioni indigene del continente latino-americano?
R. – I progetti
sono circa tremila dall’istituzione. Sono piccoli progetti, piccole cose, per aiutare
queste piccole comunità d’indigeni, di afro-americani e di altri “campesinos” dell’America
Latina. Quindi, sono piccoli progetti che vanno ad incidere su queste piccole comunità,
che si trovano nella selva amazzonica, nei paesi andini, in Perù, in Colombia, in
Brasile e in Centro America. Sono tanti piccoli segni di questa premura, di questo
amore che il Santo Padre ha per gli “ultimi”, per i “piccoli”, per quelli a cui normalmente
i potenti non pensano e a cui invece la Chiesa pensa.
D. – La Fondazione dove
trova i fondi per realizzare questi progetti?
R. – Dalla generosità. Finora
ci ha finanziato la Conferenza episcopale italiana, ma stiamo cercando di aprirci
a nuove forme di finanziamento. E’ normale, perché vorremmo lavorare di più. La stima
è di circa 2 milioni di dollari l’anno. Non è tanto, è una cosa simbolica, se si considera
che noi riceviamo più di 800 progetti all’anno da approvare. Di solito, dobbiamo sempre
decurtare qualcosa. Non vorremmo farlo e vorremo invece trovare altre fonti di finanziamento.
Speriamo che la Provvidenza faccia arrivare altri fondi per questa gente povera e
bisognosa.
D. – Quali sono le nuove sfide per la Fondazione oggi?
R.
– Allargarci, farci conoscere di più e potere arrivare lì dove non si arriva. Anche
se la Chiesa è presente in maniera capillare in America Latina, sappiamo che esistono
tante realtà dove non si riesce ad arrivare. Vogliamo, quindi, farci conoscere ed
allargare le nostre possibilità di aiuto nell’ambito in cui la Fondazione lavora.
D. – Quali sono i nuovi poveri oggi dell’America Latina?
R. – Il Santo
Padre nella “Deus Caritas est” diceva una cosa che a noi ci è di grandissimo aiuto:
"Forse la povertà oggi non è tanto di tipo materiale, ma è l’assenza di Dio". L’uomo
non è soltanto un corpo da affamare, ma è molto, molto di più. in questa ottica -
con la povertà che tra l'altro è un valore evangelico - io parlerei piuttosto di 'miseria',
di condizioni di vita che non sono accettabili da un punto di vista morale. La povertà
oggi è più questa assenza di Dio, questa assenza di speranza, queste grandi periferie
delle città latinoamericane, lasciate in mano alle sette e a tanti tipi di realtà
che schiavizzano l’uomo. Penso che oggi ci sia una povertà, una miseria, che oltre
ad essere materiale vede anche un’assenza di speranza, un’assenza di Dio. Il Papa
ha detto chiaramente sia nella “Deus Caritas est” sia in tanti interventi che lo sguardo
della Chiesa all’uomo in una problematica è uno sguardo integrale, non soltanto parziale.
Si dà da mangiare, perché è il compito, il mandato del Signore, ma si porta anche
Cristo agli uomini, che è quello di cui hanno più bisogno.