2012-12-16 08:05:21

Onorati: nel suo Messaggio per la pace, il Papa esorta un nuovo modello di sviluppo


“La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative”. E’ quanto affermato, ieri sera, dal cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace in un incontro al Centro Culturale Alfonso Commod in Val d'Aosta. La necessità di un nuovo modello di sviluppo è anche sottolineata nel Messaggio del Papa per la prossima Giornata mondiale della Pace. Un documento nel quale Benedetto XVI ribadisce che le crisi alimentari sono ben più gravi di quelle finanziarie. Fabio Colagrande ne ha parlato con Antonio Onorati responsabile del coordinamento del Comitato Internazionale per la Sovranità Alimentare:RealAudioMP3

R. - Sicuramente è un elemento di fondamentale riferimento politico, che spesso è dimenticato dai governi. Noi siamo convinti - e lo diciamo ormai da molti anni, da quando nel 2007 la crisi economica è diventata crisi di sicurezza alimentare - che questo è ’elemento centrale. Bisogna aggiungere, però, che la crisi finanziaria o meglio il dominio della finanza è un elemento costituente di questa nuova crisi di insicurezza alimentare.

D. - Subito dopo, infatti, il Papa parla delle oscillazioni repentine dei prezzi delle materie prime agricole come principiale causa di questa crisi, chiedendo più controlli da parte dei governi e della comunità internazionale. E’ d’accordo con questa sua impostazione?

R. - Sì, siamo assolutamente d’accordo: non solo si tratta di più controllo, ma si tratta di una speculazione finanziaria che si è impossessata del commercio dei prodotti agricoli, togliendo qualunque riferimento ai prezzi mondiali, che poi ricadono sui Paesi, tra la produzione e l’andamento della produzione e il valore di queste produzioni. La speculazione finanziaria, però, non nasce per cattiveria di alcuni: nasce da elementi di decisioni politiche molto chiare. Ci sono delle normative che sono state approvate prima dal sistema delle Borse internazionali - e in particolare quelle basate negli Stati Uniti - e poi da quello europeo. Questi elementi sono gli elementi che hanno permesso di poter scommettere su grandi variazioni di prezzi delle derrate alimentari. Questi strumenti dell’industria finanziaria vanno aboliti!

D. - Per capire meglio: a cosa allude il Papa, quando parla di comportamenti irresponsabili da parte di alcuni operatori economici?

R. - Per capirlo meglio, facciamo un esempio. A partire dal 2002-2004, una parte dei fondi di investimento - sia privati, che pubblici - hanno trovato che investire in contratti per l’acquisto di grano o di riso, avrebbe prodotto un risultato economico vantaggioso e non nel commercio di questi prodotti, ma nel commercio dei contratti di vendita di questi prodotti. Quindi, lentamente, il valore scritto su questi contratti è andato lievitando nello scambio tra investitori finanziari e non tra produttori agricoli e industriali: chi comprava i contratti del grano non era il mulino, ma era una banca d’affari! Questo rifugio verso le materie prime agricole è stato un rifugio che ha prodotto livelli di profitto elevatissimi e inattesi: non è un atteggiamento di alcuni irresponsabili, ma è un meccanismo borsistico che sta funzionando e che deve essere assolutamente bloccato, con un controllo da parte dei governi e con delle normative che lo impediscano. Questa speculazione appare, in questi ultimi anni, proprio perché sono state variate le leggi che regolano le Borse: non appare certo casualmente!

D. - Il Papa auspica che gli agricoltori delle piccole realtà rurali siano messi in condizione di poter svolgere la loro attività in modo dignitoso e sostenibile. Quanto c’è da fare ancora in questo senso?

R. - C’è da fare moltissimo. La prima cosa - e questo il Papa fa bene a ricordarlo ai governanti e non solo ai volontari di pace - è che la piccola agricoltura, l’agricoltura di piccola scala, è l’agricoltura che alimenta il mondo. Non è la grande agricoltura industriale: il 75, l’80 per cento di quello che ciascuno di noi mangia, anche nei Paesi sviluppati, è prodotto da piccoli agricoltori. I piccoli agricoltori sono quelli, però, che soffrono di più la crisi economica, la crisi sociale, la crisi ambientale, il cambiamento climatico, perché prima di tutto si abbatte su di loro. Quello che manca è che non ci sono politiche specifiche per i piccoli agricoltori!







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