Messaggio del Papa, non basta dire la pace, bisogna operare nel concreto
"Potremmo leggere
questo Messaggio del Papa come un approfondimento della sua più recente enciclica,
la Caritas in Veritate. Si tratta infatti di un appello a inverare
la pace, a darle concretezza. Per essere realmente 'operatori di pace', non basta
'dire la pace', occorre operare a 360° per renderla possibile, non solo sul versante
dei conflitti bellici, ma anche su quello della verità dell'uomo e della verità del
bene". Lo ricorda, ai nostri microfoni, don Mauro Cozzoli, teologo morale
della Pontificia Università Lateranese, commentando alcuni passaggi del
Messaggio di Benedetto XVI per la 46ma Giornata Mondiale della Pace. "Se vogliamo
la pace - aggiunge Cozzoli - dobbiamo perciò guardare all'uomo, alla sua verità e
rispettarla. Solo così la promozione della pace non diventa retorica o irenismo, un'attività
solo illusoria. Da qui nasce il nesso che il testo stabilisce tra rispetto della
dignità dell'uomo, e quindi della vita umana anche più debole e fragile, e promozione
della pace. Perciò - come ci ricorda il Papa - se vogliamo la pace dobbiamo dire
il nostro 'no' ad aborto e eutanasia". "La questione della tutela della struttura
naturale del matrimonio - ricorda ancora il teologo - viene invece considerata dal
Papa come esempio della necessità di 'smantellare la dittatura del relativismo' per
realizzare una pace autentica. Equiparare forme 'radicalmente diverse di unione'
al matrimonio è infatti un tentativo che nasce dal relativismo etico, dall'emotivismo
etico, che mette al primo posto i desideri e realizza una visione autoreferenziale
del rapporto sessuale. E' una concezione che toglie al matrimonio la sua realtà oggettiva,
data dalla natura. Un soggettivismo etico che smentisce l'intelligenza, la ragione,
prima della fede. E' l'unione tra un uomo e una donna, infatti, che promuove la società
e il bene comune. Su questi temi la Chiesa è maestra di verità e non può tacere. Interviene
su un altro aspetto del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2013 Antonio
Onorati, presidente della ONG Centro Internazionale Crocevia, responsabile del coordinamento
del Comitato Internazionale per la Sovranità Alimentare. "L'affermazione
del Papa che, in vista della tutela del bene comune, la crisi alimentare vada considerata
ben più grave di quella finanziaria - spiega Onorati - è sicuramente un elemento di
fondamentale rilievo politico spesso dimenticato dai governi. Siamo convinti, fin
da quando nel 2007 la crisi economica è diventata crisi di sicurezza alimentare, che
questo è l'elemento centrale". "Ma Benedetto XVI coglie nel segno anche quando ricorda
che il dominio della finanza è un elemento costitutivo di questa crisi. Fa bene a
chiedere più controllo da parte dei Governi e della comunità internazionale per evitare
'oscillazioni repentine dei prezzi delle materie prime agricole', ma va anche detto
che queste speculazioni finanziarie non nascono per cattiveria di alcuni, ma da decisioni
politiche molto chiare. Ci sono normative approvate dal sistema borsistico internazionale
che hanno permesso di poter scommettere su grandi variazioni di prezzo delle derrate
alimentari. Questi strumenti dell'industria finanziaria vanno aboliti e speriamo che
la Chiesa continui ad impegnarsi in questo senso". "Particolarmente importante è anche
l'appello del Papa per la tutela dei piccoli agricoltori" continua Onorati. "L'agricoltura
di piccola scala è infatti quella che alimenta il mondo. Circa l'80% di quello che
viene consumato, anche nei paesi sviluppati, è prodotto dai piccoli agricoltori. Ma
sono questi a soffrire di più della crisi economica, sociale ed ambientale, connessa
ai cambiamenti climatici. Ma per loro non esistono politiche specifiche, nemmeno in
Italia". "Comunque - conclude il responsabile del coordinamento del Comitato Internazionale
per la Sovranità Alimentare - il nesso tra crisi alimentare e conflitti segnalato
dal Papa è fortissimo. I conflitti armati che riguardano i beni per produrre il
cibo - acqua, terra e sementi - sono oggi tra i più violenti. Quindi politiche
appropriate a difesa di chi oggi produce il cibo, cioè dei piccoli agricoltori, e
del loro accesso alle risorse fondamentali per produrre, sono uno strumento molto
concreto e irrinunciabile per difendere la pace". (A cura di Fabio Colagrande)