Bhatti sul caso Asia Bibi: con il dialogo, soluzione della vicenda
Occorre promuovere un dialogo e un confronto con la comunità musulmana in modo da
“giungere a un perdono” e far uscire la donna dal carcere in sicurezza. Così Paul
Bhatti, consigliere speciale del premier pakistano per l’Armonia nazionale, con il
grado di ministro federale, intervistato da AsiaNews esprime la propria opinione sul
caso di Asia Bibi, la donna cattolica con cinque figli detenuta in Pakistan con l’accusa
di blasfemia. Bhatti, fratello del ministro per le Minoranze ucciso dai fondamentalisti
islamici nel marzo 2011, torna sull’argomento in vista del Natale: “Essere cristiani
non significa appartenere all’Occidente – dice spiegando qual è l’opinione condivisa
nel Paese – si deve lavorare al contempo per evitare che si ripetano gli abusi commessi
in nome della legge sulla blasfemia”. Bhatti ha inoltre ribadito la necessità di far
emergere i “valori comuni” nell’impegno per il dialogo interreligioso e di schierarsi
in “difesa dell’essere umano” anche denunciando le storture di una legge, quella sulla
blasfemia. Legge che viene “spesso abusata per dirimere controversie personali o per
vendetta”. Non scontri frontali, dunque, ma dialogo; un dialogo che, se portato avanti
con pazienza, dà i suoi frutti: “In passato mi giudicavano una spia dell’Occidente,
oggi la situazione è molto cambiata – aggiunge – l’approccio è cambiato e ciò è fonte
di speranza, perché solo dialogando e confrontandosi è possibile risolvere assieme
i problemi”. Infine Bhatti ha offerto il proprio aiuto alla famiglia di Asia Bibi,
il cui dramma a volte è stato sfruttato da alcune Ong con finalità commerciali: “Ma
devono farmi una richiesta ufficiale – avverte – altrimenti non ho titolo per intervenire”.
(R.B.)