Egitto: domani referendum sulla Costituzione. Appello delle Chiese cristiane
In Egitto, vigilia incandescente per il referendum sulla nuova Costituzione. Anche
oggi, manifestazioni sia dei sostenitori del presidente Morsi che dell’opposizione.
Si andrà al voto in due date, domani e il 22 dicembre prossimo, a causa della defezione
ai seggi di gran parte della magistratura, contraria alla nuova Carta. Sul piede di
guerra anche il fronte che accusa il presidente del tentativo di svolta autoritaria
e che minaccia di non riconoscere il voto, se non vi saranno le condizioni di necessaria
trasparenza. Le Chiese cristiane, intanto, fanno appello alla partecipazione: “Gli
egiziani esprimano il proprio voto in libertà e secondo coscienza”. Sul clima a poche
ore dall’apertura delle urne, Giancarlo La Vella ha sentito il giornalista
Giuseppe Acconcia, che si trova in Egitto:
R. - Oggi, due
le manifestazioni: una dei Fratelli Musulmani, ovviamente a favore del presidente
Morsi e della nuova Costituzione, l’altra delle opposizioni. Come al solito, si riuniranno
in Piazza Tahrir e poi in altri quartieri del Cairo. Ieri, il fronte degli oppositori
ha espresso grande preoccupazione per la correttezza del voto. Soprattutto Amr Mussa
ed El Baradei hanno parlato della difficoltà di tenere il voto in due giorni, facendo
notare come in questo modo sia più facile manipolare il risultato del referendum.
D.
- Dai contatti che stai avendo con gli egiziani, si può dire che effettivamente c’è
questa spaccatura nel Paese anche nella popolazione?
R. - Sì. La popolazione
è divisa: c’è chi vuole che questo voto per il "sì" riporti la stabilità nel Paese
e condizioni economiche migliori e chi, come l’opposizione, che spinge per il “no”,
stigmatizzando alcuni punti critici della nuova Costituzione, che vanno dagli accresciuti
poteri del presidente della Repubblica, alle questioni relative alle corti militari,
che possono giudicare i civili. E poi tanti piccoli elementi della nuova Costtituzione
che sono considerati non appropriati, come il riferimento ai valori della moralità
e della famiglia, che potrebbero limitare i diritti delle minoranze religiose e delle
donne. Quindi, la società egiziana non soltanto è divisa nel giudicare il referendum,
ma lo è anche nel giudicare la figura di Mohammed Morsi. Questo referendum di oggi
e del 22 dicembre prossimo, si sta anzi trasformando in un voto pro o contro Morsi.
D.
- Ritieni che dopo il voto non tanto lo scontro con le opposizioni, ma quello con
la magistratura possa in qualche modo rientrare?
R. - Già nei giorni scorsi,
alcuni magistrati sono tornati sui loro passi, dopo che il presidente Morsi ha ritirato
il decreto presidenziale del 22 novembre nel quale ampliava i suoi poteri. Ma la spaccatura
con la magistratura è particolarmente grave, non soltanto perché il decreto presidenziale
ha limitato il ruolo dei magistrati, ma anche perché all’interno della nuova Costituzione
ci sono aspetti che limitano l’operato dei magistrati, in particolare quello secondo
il quale i civili possono essere processati da Corti militari. Ecco perché il confronto
con i magistrati è grave e la magistratura ha continuato a manifestare anche nei giorni
scorsi assieme a gran parte della stampa egiziana. Infatti, l’altro punto grave è
la limitazione del diritto di espressione: quindi, sono sia i giornalisti che i magistrati
che continuano a dimostrare in piazza, al Cairo e anche nelle altre città egiziane.