Polonia: critiche dei vescovi alla Convenzione per la lotta contro la violenza sulle
donne
II vescovi polacchi criticano la decisione del Governo di firmare la nuova Convenzione
del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti
delle donne e la violenza domestica. Secondo l’Episcopato, essa è basata su “presupposti
ideologici e non veritieri inaccettabili”. Composto di 81 articoli, il Trattato, firmato
dalla Polonia il 4 dicembre, individua una serie di nuove tipologie di reato, quali
le mutilazioni genitali femminili, il matrimonio forzato, gli atti persecutori (stalking),
l’aborto forzato e la sterilizzazione forzata, descrivendo la violenza contro le donne
come una “manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi”.
Così come formulato – ha spiegato all’agenzia cattolica polacca Kai ripresa dalla
Cns, il segretario generale della Conferenza episcopale, mons. Wojciech Polak – il
documento lascia intendere che la violenza contro le donne abbia radice nella “religione,
la tradizione e la cultura”. “La Chiesa - ha puntualizzato il presule - è sempre stata
contro la violenza” nei confronti delle donne, ma “è un segnale preoccupante che il
principio corretto di contrastarla sia associato al tentativo di interferire nel nostro
sistema di valori”. Già a luglio l’Episcopato aveva criticato in una nota il Governo
per non avere mantenuto l’impegno a promuovere un dibattito pubblico aperto a tutte
le voci sul documento. A destare le obiezioni dei vescovi sono in particolare l’articolo
3 che definisce il “genere” come “ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente
costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini”. Tale
definizione, si osserva, “ignora completamente le naturali differenze biologiche tra
uomini e donne, con ciò facendo intendere che il sesso possa essere scelto”. Per lo
stesso motivo è discutibile anche l’articolo 14 che impegna gli Stati contraenti
a intraprendere le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici materiali
didattici su temi quali “la parità tra i sessi e i ruoli di genere non stereotipati”.
Un altro punto controverso è poi l’articolo 12 che impegna le Parti a “promuovere
i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine
di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull'idea
dell'inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli
uomini” e a vigilare “affinché la cultura, gli usi e i costumi, la religione, la tradizione
o il cosiddetto "onore" non possano essere in alcun modo utilizzati per giustificare
nessuno degli atti di violenza”. I vescovi hanno infine fatto notare che la legislazione
polacca già offre tutti gli strumenti necessari per contrastare le violenze contro
le donne. Finora la Convenzione di Istanbul è stata sottoscritta da 25 dei 47 Stati
membro del Consiglio d’Europa. Riserve ufficiali sul trattato sono state espresse
da Germania, Malta e Serbia. (A cura di Lisa Zengarini)