2012-12-13 14:50:02

Fondazione Missio: presentato il "Vademecum della Missione"


E’ stato presentato oggi, presso la Fondazione "Missio", organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, il Vademecum della Missione. Destinato ai Centri Diocesani Missionari e alle altre realtà italiane che operano in questo ambito, il volume è una guida per rispondere alle domande essenziali sulla missione. Al microfono di Davide Maggiore, don Gianni Cesena, direttore di "Missio", illustra la prospettiva in cui è inserito:RealAudioMP3

R. – Credo che oggi la connotazione sia quella della missione globale. Gesù stesso manda gli Apostoli fino agli estremi confini della Terra e noi abbiamo sempre inteso questo tema dei confini come un tema di carattere geografico. Ormai il confine passa nel cuore dell’uomo, passa tra essere umano ed essere umano, ed è il confine tra la fede e l’incredulità, il confine tra le condizioni umane del ricco e del povero, il confine delle culture. Essere missionari oggi è presentare Gesù come Colui che è in grado di proporre nelle diverse lingue, nelle diverse tradizioni culturali, un modello di rapporto con Dio e di rapporto fraterno con l’altro, che, appunto, pur tenendo conto delle necessarie diversità, sia in grado di superare i confini, cioè le barriere.

D. – Una missione che, dunque, inizia anche a livello locale: il Vademecum si rivolge ai centri missionari diocesani...

R. – La Chiesa locale ci è stata consegnata dal Concilio Vaticano II come protagonista di tutti gli aspetti di Chiesa, e come scriveva Paolo VI nell’ “Evangelii Nuntiandi”: “la Chiesa esiste per evangelizzare”, e quindi la Chiesa ha una natura missionaria. Siamo abituati a dire che è missionaria o non è. La missione si fa nelle piccole abituali mansioni di una parrocchia, di una diocesi nella sua vita quotidiana, e la si fa appunto avendo questo sguardo universale. La sottolineatura del centro missionario diocesano e di queste "istruzioni per l’uso" che il Vademecum vuole fornire è esattamente questa: che ogni chiesa mantenga il suo sguardo e il suo orizzonte universale. I vescovi italiani hanno scritto appunto che noi abbiamo bisogno di sentire quest’universalità, perché forse duemila anni di storia di cristianesimo rischiano di creare non solo abitudine, ma perfino una certa sonnolenza, un certo addormentamento.

D. – L’edizione del Vademecum avviene nel contesto dell’Anno della Fede e a seguito del Sinodo sulla nuova evangelizzazione. Che rapporto c’è tra missione e nuova evangelizzazione?

R. – L’abbiamo letto nella “Redemptoris Missio” di Papa Giovanni Paolo II: missione ad gentes, nuova evangelizzazione e cura pastorale sono tre dimensioni dell’agire della Chiesa. I tre aspetti s’intrecciano e, di fatto, nell’esperienza quotidiana di una comunità, di una parrocchia normale, non si distingue tra le tre cose, ma si cerca di stare sul territorio, dando a ciascuno ciò che è suo. La distinzione tra missione ad gentes e nuova evangelizzazione è forse quella di intuire meglio l’interlocutore. Vi sono molti che sono cristiani di nome o per anagrafe, ma che non sono stati evangelizzati. Quindi, la nuova evangelizzazione è rioffrire loro quella freschezza del Vangelo, che per qualche motivo è andata perduta. Ma non possiamo assolutamente dimenticare quella gran parte di umanità alla quale Cristo ci invia, dicendo: “Andate per le strade del mondo”. Sostanzialmente si tratta della stessa operazione: offrire a qualsiasi essere umano l’incontro con il Signore Gesù, perché questo incontro con il Signore Gesù dia solidità alla sua vita. La distinzione tra i due aspetti – missione ad gentes e nuova evangelizzazione – è che non possiamo più farlo con uno stile di massa, non possiamo più farlo ‘a pioggia’, come si direbbe, ma dobbiamo farlo cercando di intuire di che cosa abbia bisogno ogni interlocutore. In questo senso è la piccola via della missione, quella del cuore che parla al cuore, quella dell’incontro personale, quella che ci aiuterà nel futuro.







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