Emergenza freddo. Mons. Feroci: Roma apra il suo cuore agli homeless
A Roma, come nel resto dell’Italia, è emergenza freddo per i senza fissa dimora. Per
questo, da alcuni giorni, la Caritas romana, assieme alle parrocchie cittadine, ha
varato un “piano freddo” per venire incontro alle difficoltà degli homeless. In particolare,
è stato lanciato un appello per la donazione di coperte e sacchi a pelo ed è stato
rafforzato l’impegno delle équipe notturne di volontari che presidiano le zone in
cui i clochard rischiano di rimanere isolati. Su queste iniziative, Alessandro
Gisotti ha intervistato il direttore della Caritas di Roma, mons. Enrico Feroci:
R. – Abbiamo
voluto, già a fine novembre, inviare una comunicazione, una sollecitazione alle parrocchie,
ai cristiani della città, perché avessero gli occhi aperti e attenti nei momenti difficili
per tante persone che vivono in strada. Quando io dico la cifra – tra 6 e 7 mila persone
dormono all’aperto o in rifugi improvvisati - si rimane sempre sconcertati perché
sembrano cifre enormi. Invece è la realtà! Nella diocesi di Roma abbiamo 336 parrocchie:
se ogni parrocchia aprisse i propri spazi per pochi posti – quattro-cinque – e provassimo
a moltiplicare, già avremmo tanti posti in più per poter dare rifugio alle persone
che si trovano in grosse difficoltà.
D. – Una delle iniziative fondamentali,
in questo contesto, è quella delle équipe notturne di volontari che vanno a cercare
queste persone …
R. – C’è un’équipe di persone che cercano di rendersi conto
della situazione: se non ci si rende conto che il freddo è troppo intenso, le persone
potrebbero trovarsi in grandissima difficoltà. Io vorrei che tutti i cristiani aprissero
gli occhi, si rendessero conto: ci sono tante persone nella nostra città, tante persone
che sono in difficoltà e tante persone che si adoperano in favore degli ultimi. Sono
le due facce della medaglia: la povertà e la ricchezza del volontariato, della disponibilità
delle persone. E credo che potrebbero esserci tante altre persone che potrebbero fare
altrettanto.
D. – Ogni anno, quando finisce il freddo si contano purtroppo
i morti tra i senza fissa dimora. In questo senso, qual è la sua speranza?
R.
– Il mio augurio è che quest’anno proprio non ci siano vittime: per questo, ci siamo
mossi per tempo, abbiamo suggerito, stiamo dicendo ovunque andiamo – in tutte le parrocchie
– di aprire gli occhi e di aprire la porta. Bisogna vedere, guardare e fermarsi: aprire
il cuore e l’attenzione verso l’altro.