2012-12-08 10:59:28

Romania al voto dopo un anno di instabilità politica


Domani, elezioni in Romania. Dopo un anno d’instabilità politica segnato da cambi di governo, misure di austerità, tentativi d’impeachment e proteste di piazza, per i romeni è arrivato il momento di eleggere i propri rappresentanti in Parlamento. Dopo il voto, il capo dello Stato nominerà il primo ministro in conformità con il verdetto delle urne. Nei sondaggi sembra favorita, con circa il 60% delle preferenze, la coalizione dell’Unione Social Liberale (Usl) del premier in carica dal maggio scorso, Victor Ponta. A sfidarla c’è l’Alleanza Romania Giusta (Ard), vicina al presidente Băsescu. Degli equilibri e della situazione sociale del Paese dell’Est Europa, Fausta Speranza ha parlato con Fulvio Scaglione, vicedirettore del settimanale Famiglia cristiana:RealAudioMP3

R. - Anzitutto è probabile che torni alla vittoria la "strana coalizione" di centrosinistra, guidata dal premier Ponta che ha lottato per anni contro il presidente Băsescu nel tentativo reciproco di elidersi l’un l’altro, di eliminarsi dalla scena politica, senza che nessuno sia riuscito nello scopo. E’ assolutamente probabile che a elezioni compiute si ripeta questa situazione: Ponta tornerà al governo, il presidente è tuttora presidente e quindi è assolutamente probabile che questa contesa, questa lotta si ripeta pari, pari.

D. - Questo braccio di ferro tra premier e presidente si svolge in quale situazione sociale del Paese? In questo momento il contesto è quello della crisi economica dell’Europa e di tutto il mondo…

R. - Nella crisi economica d’Europa e di tutto il mondo, la Romania è uno dei Paesi messi peggio; è uno dei Paesi - lo dicono tutte le statistiche - più corrotti di Europa; è un Paese che non riesce neanche a raggiungere i pur non facili obiettivi fissati dal Fondo monetario internazionale. E’ chiaro che a questo fallimento economico e sociale molto contribuisce la lotta al vertice di cui si parlava: la lotta la vertice ha distolto le energie politiche del Paese dai compiti più seri e più urgenti. E’ stata una lotta anche con colpi bassi, molto bassi, che hanno provocato degli sconquassi politici che si sono poi riflessi sulla situazione economico e sociale; terzo, ma non ultimo fattore, questa lotta tra il presidente Băsescu e il premier Ponta ha lasciato degli spazi politici che sono stati riempiti anche abbastanza male e penso al Partito del Popolo di Dan Diaconescu, che ha per leader - e qui qualunque riferimento alla situazione italiana è del tutto casuale - un presentatore televisivo, che fa quindi una politica televisiva, molto populista, con ulteriore sconcerto e disagio per l’elettorato rumeno.

D. - Quale può essere la prospettiva per la Romania nel 2013?

R. - E’ molto difficile dirlo, perché - come accade spesso nei Paesi dell’ex orbita comunista, dei Paesi dell’Europa dell’Est - c’è questo quadro di grandissimo sconquasso politico, di lotta, di colpi bassi, di battaglie senza fine, che però provocano sostanzialmente l’immobilismo: se dovesse rivincere le elezioni la coalizione guidata da Ponta, avremmo dinuovo la situazione che si è trascinata in questi ultimi anni e che, probabilmente, si riprodurrebbe pari pari nei prossimi anni, impedendo - come già si diceva - di affrontare poi i veri problemi del Paese. Questa stasi nella battaglia, questo immobilismo nella lotta fratricida è quanto di peggio possa capitare ad un Paese che invece necessita di sviluppo e di riforme.

D. - Cos’altro dire della Romania nel contesto dei Paesi dell’Est Europa?

R. - Direi che una caratteristica tipicamente "rumena" ma che ha delle risonanze anche negli altri Paesi dell’Est Europa, è questa presenza dell’Unione democratica degli ungheresi, che è un partito che punta al 5-6 per cento dei voti - e non è poco! - in rappresentanza della minoranza ungherese di Romania. Queste sacche di differenziazione etnica si ritrovano spesso nei Paesi dell’Est Europa e sono una delle caratteristiche abbastanza tipiche di tutta quell’area geografica: una caratteristica che, da un lato, provoca sì instabilità, ma che, dall’altro, arricchisce anche il quadro politico come lo si vede in Romania, perché un partito che punta al 5-6 per cento dei voti non è certamente cosa trascurabile.







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