Migliaia di manifestanti in marcia verso il Palazzo presidenziale
Tensione alle stelle in Egitto: migliaia di manifestanti dell’opposizione stanno confluendo
verso il palazzo presidenziale al Cairo per una nuova protesta contro il presidente
egiziano, Mohamed Morsi. Almeno sette diversi cortei provenienti da direzioni diverse
chiedono la "caduta del regime", dopo la svolta definita autoritaria del presidente
islamista. Il presidente Morsi ha spiegato in Tv le ragioni del decreto cercando di
aprire un dialogo che le opposizioni hanno rifiutato. Ieri è stata assaltata e data
alle fiamme la sede dei Fratelli Musulmani nella capitale. Ma qual è l’atteggiamento
di Morsi di fronte alla protesta? Davide Maggiore lo ha chiesto a Marcella
Emiliani, esperta di Medio Oriente:
R. – Quella
di un politico in difficoltà. Infatti, una larga fetta della politica e soprattutto
dell’opinione pubblica egiziana non si riconosce in quella bozza costituzionale.
D.
– Il presidente Morsi rischia di vedersi deposto dal potere?
R. – Difficile
immaginare come lo si possa deporre se non ricorrendo a vecchissimi metodi, ovvero
quello del colpo di Stato. Morsi, però, aveva già provveduto a neutralizzare i personaggi
dell’entourage militare che sarebbero potuti intervenire a indebolire il suo potere.
Le caserme, per ora, stanno a guardare ma nessuno può garantire che non intervengano.
D.
– Un altro elemento riportato dalle cronache ieri è l’assalto dato da alcune centinaia
di persone alla sede del Partito dei Fratelli musulmani: c’è il rischio di una deriva
violenta da parte della piazza?
R. – Assolutamente sì, perché l’opinione pubblica
non strettamente confessionale si è sentita tradita due volte. I Fratelli musulmani
non sono stati i promotori della rivolta di Piazza Tahrir che ha deposto Mubarak:
sono intervenuti dopo alcuni giorni, quando ormai il regime stava subendo grosse scosse.
Dopodiché, i Fratelli musulmani – certo, anche con le elezioni, che però sono state
invalidate dalla magistratura – si sono impadroniti completamente del potere legislativo,
poi esecutivo, poi giudiziario e hanno lasciato pochissimo spazio alle altre forze
per esprimersi. Quindi, diciamo che se si continua di questo passo, i Fratelli Musulmani
verranno visti come quelli che hanno scippato la rivoluzione e ora la stanno coniugando
solo sui propri interessi.
D. – E tuttavia, l’opposizione ancora oggi sembra
divisa sulla scelta da fare al momento dell’ormai prossimo referendum costituzionale.
Quali sono le prospettive di questo vasto schieramento?
R. – L’opposizione
si è unita in un Fronte di salvezza nazionale. Bisognerà vedere se la scelta che verrà
fatta sarà quella di astensione dal referendum o se invece si cercherà di aggregare
tutto le forze contro Morsi. Certo, comunque la si veda si va ad una spaccatura profonda
dell’opinione pubblica e del mondo politico uscito da Piazza Tahrir, che certo non
fa ben sperare.
D. – In serata è arrivata anche la telefonata del presidente
americano Obama: cosa possono veramente fare, gli Stati Uniti, per risolvere questa
crisi?
R. – Poco: essendo gli Stati Uniti il maggiore finanziatore del bilancio
egiziano, possono premere però per un’eventuale diminuzione dei fondi da parte degli
Stati Uniti ai quali potrebbero sopperire gli Emirati del Golfo …