Celebrata ieri in Italia la Giornata della salute mentale
La Giornata della Salute Mentale, celebrata ieri in Italia, è una buona occasione
per riportare all’attenzione del mondo istituzionale e della società una questione
spesso trascurata se non quando rientra nella cronaca nera. Per l’Unasam, Unione nazionale
delle Associazioni per la salute mentale, che ha promosso l’iniziativa, la Giornata
è stata anche “un’occasione per rivendicare interventi nel sistema pubblico e privato
che rispettino la dignità e la libertà della persona che vive l’esperienza della sofferenza
mentale”. Ma che cosa è urgente chiedere alla politica? Adriana Masotti ha
sentito Franco Previte, presidente dell’Associazione “Cristiani per servire”,
da sempre impegnata a fianco dei disabili mentali:
R. – Potrei
dirlo in una semplice parola: servizi specifici in strutture adeguate. Chiediamo di
rivedere la Legge Basaglia, quella che ha chiuso i manicomi, almeno in due punti.
Il primo è l’autorizzazione al trattamento sanitario obbligatorio, anche in assenza
del consenso del paziente almeno in determinate condizioni – non sempre, perché altrimenti
ritorniamo al manicomio. Il secondo è la realizzazione di strutture territoriali di
riabilitazione di lunga durata per i casi più difficili, onde evitare che sulle famiglie
gravi un carico insostenibile di disagio, di cure e di pericoli.
D. - Una tra
le preoccupazioni maggiori delle famiglie che hanno un disabile mentale è la preoccupazione
del che cosa succede dopo, di chi si prenderà cura di questa persona quando i genitori
non ci saranno più. Lei lo chiama il “dopo di noi”…
R. – Il “dopo di noi” è
stato da me suggerito ai governi passati. E’ motivo di una petizione al parlamento
italiano ed europeo fin dal 7 ottobre del ’98, assieme alle opere di don Orione e
don Guanella. Consisterebbe nel far confluire in un Fondo quelle parti di patrimonio
– risparmi, beni mobili o immobili – che in eredità andrebbero ai malati psicofisici,
che un giorno resteranno soli. Però, questo Fondo dovrebbe essere gestito da un ente
pubblico. Questo sistema, secondo noi, consentirebbe al disabile di sopravvivere e
di avere continuità nell’assistenza.
Molte, dunque, le richieste che arrivano
pressanti da parte delle famiglie in difficoltà, ma c'è anche chi ha voluto approfittare
della giornata di ieri per lanciare un messaggio di speranza. E' quanto fa l'AISMe,
Associazione italiana per la salute mentale. Sentiamo il direttore nazionale, Donatella
Miccinesi:
R. - Anzitutto
lancerei un messaggio di speranza: oggi si può stare meglio e - oserei dire - si può
anche guarire per quanto riguarda i problemi di salute mentale. Quando ci troviamo
in un bar o al supermercato e abbiamo davanti una persona che magari parla da sola,
spesso la guardiamo con occhi sospetti; se accanto a noi abita una persona che sappiamo
frequentare servizi di salute mentale o che ha questi problemi, spesso ci allontaniamo.
Bisognerebbe un po’ cambiare, anche noi, questo atteggiamento: le persone dovrebbero
sentirsi o almeno avere la sensazione di sentirsi accolte e non guardate in modo diverso
nella comunità.
D. – Lei, dunque, dice che prima di tutto bisogna superare
i pregiudizi. In generale, comunque, il problema delle malattie mentali ha delle dimensioni
in crescita in questi ultimi tempi?
R. - Sì, ha dimensioni che sono in crescita
e questo anche perché, in un momento in cui le situazioni economiche, lavorative o
di vita sono peggiori rispetto al passato, le persone che perdono il lavoro, che non
hanno più una casa possono cadere in momenti di depressione: se non sono aiutate e
se la famiglia non riesce a capire il problema, spesso accadono episodi eclatanti.
D.
- Allora la Giornata può essere un’occasione per chiedere, per riportare all’attenzione
delle istituzioni, della politica la questione della salute mentale…
R. - Sì,
questo è importante. Mi viene da dire che, purtroppo, i tagli vengono fatti sempre
sulle stesse cose: quindi le liste di attesa nei centri di salute mentale sono molto
lunghe, le visite sono solo di 10-15-20 minuti. La Legge Basaglia non è stata attuata
fino in fondo e così queste persone si sentono abbandonate a se stesse. Ecco perché
mai come in questo momento è importante anzitutto coinvolgere la comunità e permettere
anche al mondo delle associazioni di dare una mano, di essere ascoltate.