"Notizie Pro Vita", una nuova rivista per risvegliare le coscienze
Una nuova iniziativa a favore della vita: si tratta di una rivista mensile, presentata
di recente a Roma e in altre città italiane, dal titolo “Notizie Pro Vita”. “Vogliamo
informare e sensibilizzare l’opinione pubblica per risvegliare le coscienze, la gente
spesso non comprende cosa sia effettivamente l’aborto perché è male informata”, spiega
l’editore, Antonio Brandi. Sul perché di questa nuova rivista, e del sito collegato
www.prolifenews.it, Adriana Masotti ha intervistato la prof.ssa Francesca
Romana Poleggi, della redazione di “Notizie Pro Vita”:
R. - Noi siamo
delle persone normali: io sono un’insegnante, Antonio Brandi è un imprenditore, c’è
un ingegnere di Trento. Ci sono persone abbastanza semplici, se vogliamo, che però
si rendono conto che c’è una certa cultura che con i suoi miasmi sta avvelenando le
anime e i cervelli soprattutto dei nostri giovani, e che sta passando il messaggio
che la vita umana è di proprietà dell’uomo stesso il quale può farne ciò che vuole,
soprattutto nei momenti in cui questa vita è più debole, cioè all’inizio e alla fine.
Io che insegno ormai da 25 anni nelle scuole, sento sempre più spesso ragazzi anche
capaci dire, ad esempio, che fino a tre mesi il bambino non è formato e che quindi
l’aborto non è un omicidio, non si uccide nessuno. Questa è la cultura che Giovanni
Paolo II ha chiamato "cultura della morte", la qualeci ha convinto facendoci
un lavaggio del cervello e alla quale noi in qualche modo vogliamo ribellarci. Purtroppo,
il mondo "pro-life" è abbastanza diviso: ci sono quelli più intransigenti, quelli
meno intransigenti… Ci sono parecchie rivalità interne, che secondo me non fanno bene.
Tuttavia, è inutile stare a pensare di riformare, ritoccare, cambiare, abolire la
Legge 194 se prima non si fa chiarezza su quello che è l’aborto, perché ormai la scienza
ha dimostrato che quel “mucchietto” di cellule subito dopo il concepimento comincia
immediatamente una vita autonoma in dialogo con la madre ed è programmato per crescere
e diventare un bambino, una persona, un adulto come noi. Però, appunto ,sia che si
tratti di aborto chirurgico, sia di quello farmacologico, si tratta pur sempre della
soppressione di una vita umana.
D. – Sulla rivista, distribuita in abbonamento,
trovano spazio articoli a carattere scientifico, notizie provenienti dal mondo, negative
e positive sempre in riferimento al valore della vita, testimonianze di madri che
hanno messo al primo posto il loro figlio rinunciando a sé…
R. – Testimonianze
che il mondo deve conoscere. Tra l’altro, noi cerchiamo anche di parlare per le madri,
perché in tutto questo contesto si pensa sempre al diritto della donna come se la
donna che abortisce facesse il più grande atto di libertà. Poi, invece, viene assolutamente
lasciata sola con i traumi post-aborto. Perché, anche quando ciò è deciso con la massima
serenità, la natura poi però si ribella e i medici, gli psicologi, gli psichiatri
sanno benissimo cosa sia il trauma post-aborto, sia per le madri che per i padri.
Noi vogliamo anche dare spazio e voce alle testimonianze di chi vuole fare luce su
questa realtà.
D. – La rivista si concentra soprattutto sulla vita nascente,
quindi sull’aborto. Ma sappiamo che in tutte le sue fasi la vita è vita e quindi ha
un valore immenso. La rivista avrà attenzione anche su altri aspetti?
R. –
Noi vogliamo concentrarci per adesso principalmente sulla vita nascente: non solo
sull’aborto, ma anche sulla questione degli embrioni congelati e sul fine vita. E
poi sulla famiglia, su quello che serve per la vita, perché chiaramente l’aborto sarebbe
un problema molto meno importante nella nostra società se la famiglia e le donne fossero
sufficientemente sostenute dalle politiche sociali ed economiche dei governi. La maggior
parte degli aborti avviene per problemi economici.
D. – Chiaramente, la rivista
fa riferimento a un credo religioso. Può però rivolgersi in termini di confronto,
di dialogo anche verso coloro che non hanno la fede?
R. – Sì. Prima di tutto,
il problema della vita e della morte è un problema razionale e non è un problema di
fede. Poi, siamo assolutamente alla ricerca del dialogo anche con le persone "pro-life"
– e ce ne sono tantissime – che non sono cattoliche praticanti. Non solo: nei prossimi
numeri, dovrebbe arrivare l’intervista di un esponente della cultura e della religione
tibetana, che ci parlerà di come l’aborto venga considerato un crimine anche per i
buddisti. Stiamo prendendo dei contatti con dei sikh e degli indù… Insomma, vorremmo
far capire che non è un argomento che interessi solo i cattolici. Perché sembra che
essere "pro-life" significhi essere cattolici, integralisti e quant’altro. No, vuol
dire essere comunque per l’uomo, a prescindere.