2012-12-02 13:54:52

Repubblica Democratica del Congo. Completato il ritiro dei ribelli da Goma, ma è emergenza umanitaria


Diverse scuole e negozi hanno riaperto oggi a Goma, il capoluogo della provincia orientale del Nord Kivu occupato fino a sabato dai ribelli del Movimento del 23 marzo (M23): lo dice all'agenzia Misna mons. Louis De Gonzague Nzabanita, vicario generale della diocesi, raccontando di timori e di speranze di pace. “In città le attività economiche stanno riprendendo timidamente dopo quasi due settimane” sottolinea il religioso, ricordando come l’occupazione di questo centro strategico dell’est del Congo sia durata 12 giorni. “Nelle strade – aggiunge mons. Nzabanita – circolano pattuglie della polizia congolese, impegnate nel tentativo di ripristinare un po’ di sicurezza”. I ribelli hanno lasciato Goma sabato scorso, nel rispetto di un accordo raggiunto a Kampala con i capi di Stato e di governo dei Paesi della regione dei Grandi Laghi. L’intesa prevedeva il ritiro come condizione preliminare per l’avvio di trattative tra il governo e l’M23. Una trattativa che i ribelli sono tornati a chiedere ieri sera, minacciando in caso contrario di occupare nuovamente il capoluogo del Nord Kivu. Secondo il vicario generale, la popolazione è consapevole dell’imprevedibilità dei prossimi sviluppi. “Ieri – sottolinea mons. Nzabanita – migliaia di fedeli hanno affollato le chiese della città, ringraziando il Signore e pregando per un futuro di pace”. Ieri sera un portavoce del governo di Kinshasa ha definito il ritiro “un passo nella giusta direzione”, sostenendo che il presidente Joseph Kabila comincerà presto “ad ascoltare le richieste” dei ribelli. L’M23 accusa l’esecutivo di Kinshasa di aver violato accordi di pace sottoscritti il 23 marzo 2009, che prevedevano l’integrazione nelle Forze armate dei ribelli del Consiglio nazionale per la difesa del popolo (Cndp), un altro gruppo armato composto per lo più da combattenti di etnia tutsi. Un recente rapporto delle Nazioni Unite sostiene che l’offensiva dell’M23, avviata nell’aprile scorso, è stata sostenuta dal Rwanda e dall’Uganda. Di sicuro, l’est del Congo è una delle regioni africane più martoriate dalla guerra e ricche di minerali: dai diamanti all’oro al coltan, indispensabile per la fabbricazione di telefoni cellulari. Ma nella notte, uomini armati hanno attaccato uno dei campi profughi intorno alla città, dove la situazione umanitaria resta catastrofica, con oltre 750mila persone sradicate dalla loro regione di origine. Degli ultimi sviluppi Irene Pugliese ha parlato con Fabio Cavalletti, responsabile dell’ufficio Africa della Caritas, da mesi impegnata al fianco della popolazione colpita dalla nuova crisi:RealAudioMP3

R. - La situazione umanitaria è molto grave perché il numero di sfollati è altissimo. Con questi nuovi scontri - quelli iniziati il 20 novembre – ci sono oltre 140mila sfollati e a Goma ce ne erano già oltre 250mila.

D. - Questo perché comunque la gente conosce le angherie di questo gruppo di ribelli...

R. - Sì. Per questa ragione. In quell’area c’è una guerra che dura da vent’anni. Non se ne parla purtroppo, ma c’è un conflitto che non è mai finito in realtà che però, a fasi alterne, aumenta e diminuisce d’intensità. Fino ad ora non era mai arrivato a Goma e questa è la novità degli scontri di questi giorni. Quindi questi gruppi sono ben noti alla popolazione di sicuro per la loro violenza. Per questa ragione la popolazione evidentemente scappa e non hanno alcuno effetto le voci rassicuranti lanciate dai capi di questo gruppo che quando sono arrivati a Goma hanno detto: “Tutto deve continuare in maniera regolare. La vita continua”.

D. - In realtà, poi, tutto non continua in maniera regolare, la vita è come se fosse sospesa. Qual è la situazione della vita quotidiana?

R. - A Goma, in particolare, c’erano grossi disagi, perché la corrente fino a ieri non c’era: ora è stata riattivata in alcune aree della città; manca l’acqua, quindi le condizioni igienico-sanitarie sono sempre più precarie, considerando che queste popolazioni sono popolazioni che già si trovano spesso in grave stato di povertà perché tutto il Congo è un Paese poverissimo: si trova all’ultimo posto della classifica secondo l’indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite.

D. - La situazione più grave è ancora una volta quella dei bambini…

R. - Sì. In particolare, con la situazione attuale, il rischio che con questa ritirata all’interno dell’alto numero di minori non accompagnati che esiste tra gli sfollati, possa esserci anche un numero cospicuo di minori che si trovano soli e indirizzati verso l’arruolamento è molto alto.

D. - Quali sono i probabili, futuri sviluppi di questa situazione?

R. - È veramente molto difficile dirlo, perché si spera che ci sia un effettivo ritiro di questi gruppi dal momento che c’è stato questo incontro a Kampala tra i capi di Stato della regione che, in qualche modo, hanno intimato il ritiro. Evidentemente lì, la risoluzione vera potrà esserci solo quando ci saranno degli accordi trasparenti sull’uso delle risorse, perché in realtà il conflitto è dovuto principalmente a una contesa per il loro sfruttamento.







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