Nuova Zelanda: "no" dei vescovi al progetto di legge sulla ridefinizione del matrimonio
È un documento lungo, dettagliato ed articolato in 37 punti quello che la Conferenza
episcopale della Nuova Zelanda ha diffuso riguardo al progetto di legge sulla ridefinizione
del matrimonio, che mira ad includere le nozze tra persone dello stesso sesso e la
possibilità, per esse, di adottare figli. Partendo dalla premessa che la Chiesa è
“una delle voci di una società pluralistica” e che quindi ha “il diritto di partecipare
al dibattito e di essere considerata con rispetto”, i vescovi ribadiscono che difendere
il matrimonio tra uomo e donna “non significa denigrare gli omosessuali”. D’altro
canto, si legge nel documento, “il matrimonio non è un’invenzione della Chiesa, delle
comunità di fede o dello Stato”, bensì è “un’istituzione umana basilare che deriva
dalla natura stessa della persona”, ed è fondata sulla “differenza sessuale tra uomo
e donna”. In questo senso, sottolinea la Chiesa neozelandese, “il matrimonio è unico
ed è un’unione tra un uomo ed una donna orientata naturalmente verso la procreazione
della vita. Tale unicità, dunque, richiede un nome ed una definizione che distingue
il matrimonio da ogni altro tipo di relazione”. Poi, i presuli mettono in guardia
da chi indica nel “diritto di scelta” il presupposto fondamentale per ridefinire il
matrimonio, poiché tale diritto non presuppone alcun limite e ciò potrebbe portare
a continue ridefinizioni dell’unione coniugale. Al contrario, la Chiesa di Wellington
reclama il “diritto al matrimonio” riconosciuto dalla dottrina cattolica e che “nessuna
legge umana può abolire”. In quest’ottica, quindi, “l’unione in matrimonio tra un
uomo e una donna non è la stessa cosa di un’unione tra persone dello stesso sesso”.
Di qui, il richiamo al fatto che “trattare cose diverse in modo diverso non significa
discriminare”, poiché “l’uguaglianza non può essere raggiunta chiamando con lo stesso
nome due cose che sono essenzialmente differenti”. Riguardo, inoltre, alla possibilità,
per le coppie omosessuali, di adottare figli, i vescovi della Nuova Zelanda evidenziano
come ciò implicherebbe “privare deliberatamente un bambino dell’affetto di un padre
e di una madre”, affetto che, “come assicurano gli psicologi, contribuisce allo sviluppo
dei figli”. Inoltre, afferma la Chiesa di Wellington, “il diritto a scegliere reclamato
dagli adulti penalizza i minori che troppo spesso soffrono a causa del modo in cui
i più grandi perseguono i propri interessi”. Infine, i presuli neozelandesi si appellano
alla “libertà di coscienza” ed esprimono preoccupazione per il “potenziale conflitto
che si verrebbe a creare, una volta approvato il progetto di legge, tra lo Stato e
le istituzioni religiose”: come “gruppo legittimo di una società democratica”, la
Chiesa chiede quindi “garanzie relative al fatto che sarà possibile l’insegnamento
e la promozione della dottrina cattolica relativa al matrimonio, senza penalizzazioni
come l’esclusione da benefici accordati ad altri enti, o l’obbligo di celebrare matrimoni
gay o di fornire, attraverso le agenzie cattoliche, servizi alle coppie omosessuali,
là dove questo entrasse in conflitto con il cattolicesimo”. (A cura di Isabella
Piro)