2012-11-30 09:28:06

Card. Bagnasco: il gioco d'azzardo è "una piaga individuale e sociale"


Il gioco d’azzardo è “una piaga individuale e sociale che corrompe l’anima, la mente, il modo di pensare e, quindi, di vivere di giovani e adulti promettendo una vita facile e devastando, distruggendo, la persona e la sua vita come singoli e, di riflesso, come famiglia”. Così l’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, presentando la pubblicazione “L’azzardo? Non è un gioco. Conoscere, capire, scegliere... fare” che si è svolta ieri presso il Seminario di Genova. Sulle responsabilità dello Stato nella diffusione del gioco d’azzardo - riferisce l'agenzia Sir - il cardinale ha affermato: “Tutti coloro che hanno responsabilità devono prenderne atto. La coscienza generale sta maturando in questa direzione rispetto a tempo addietro e questo è un segno positivo, promettente, perché, prendendone sempre più coscienza, si possa, ognuno nel proprio ambito, intervenire in modo decisivo”. La pubblicazione è stata realizzata dalla Asl 3 genovese con la collaborazione della Fondazione antiusura Santa Maria del Soccorso, la Fondazione Auxilium, la Caritas diocesana, Avvocati in rete per il sociale e il Centro di solidarietà di Genova. È stata stampata in 10 mila copie e verrà distribuita presso i Sert della Asl, presso la Fondazione Antiusura e presso le altre associazioni che si occupano di contrastare il fenomeno del gioco d’azzardo. “L’azzardo - ha detto ancora il cardinale Bagnasco - come la droga e l’alcol, esprime una filosofia di vita, una concezione del vivere che è assolutamente inaccettabile, una visione che lucra su tre livelli, su tre forti debolezze: la povertà materiale, la fragilità spirituale e psicologica della gente e sulla cultura del brivido”. Il cardinale ha quindi ricordato che “chi si affaccia e diventa dipendente in questa forma di droga che è l’azzardo non sono solo i poveri materialmente ma anche quelli che sono fragili spiritualmente, che vogliono sperimentare e vivere il brivido”. “Questa filosofia di vita - ha proseguito - deve essere assolutamente affrontata, contrastata a livello educativo”. Per questo è necessaria “una collaborazione tra tutti i soggetti che hanno a cuore il futuro delle giovani generazioni”. Perciò, “la società intera, nel suo insieme, deve diventare una comunità educante altrimenti la società non sarebbe più una comunità di vita e di destino ma solo un agglomerato di individui”. (R.P.)

La ludopatia rappresenta una vera emergenza sociale perché mette in ginocchio intere famiglie, compromettendone anche l’equilibrio interno. Per questo i comuni italiani, da Nord a Sud, sfidano il gioco d’azzardo e cercano di limitare il proliferare dei videopoker attraversi vincoli e delibere. Sono allo studio dei Monopoli di Stato meccanismi che bloccano le slot machine dopo un certo numero di giocate. Alessandro Filippelli ne ha parlato con padre Massimo Rastrelli, presidente della Consulta Nazionale Antiusura:RealAudioMP3

D. – I monopoli di Stato, insieme al governo, stanno elaborando dei sistemi per combattere la ludopatia. Un esempio è dato dalle slot-machine, che si spengono dopo un certo numero di giocate. Quali soluzioni propone?

R. – Il giocatore distrugge il lavoratore e la famiglia e questo fatto sta diventando esplosivo. Ma noi lo avevamo detto nel provvedimento ultimo, quello che sembra restrittivo. Hanno detto che le nuove sale gioco si aprono non più a 500 metri dalla chiesa, dalla scuola, ma a duecento metri, e questo è gravissimo. Il giocatore non è un lavoratore, il giocatore non è un padre di famiglia. Quindi, famiglie rovinate.

D. – Come giudica la contraddizione dello Stato, che promuove il gioco in funzione del gettito erariale, ma non considera il costo delle ricadute sociali del gioco stesso?

R. – Lo Stato è il biscazziere, cioè gestisce il gioco. Questo non deve accadere. Il governo ha una colpa: ha creduto di fermare il gioco illegale, promuovendo il gioco legale. L’Italia è, a raffronto di tutte le nazioni del mondo, ai vertici della statistica per giocatori, tanto che io ponevo una domanda: se i giocatori d’Italia sono tanti, dove sono i lavoratori in Italia, giacché il giocatore esclude il lavoratore? Questo è il problema serio. Io ho notato che nelle valutazioni complessive dello Stato conta di più un miliardo che entra nell’erario, non importa a quali costi, che non i costi umani. Oggi i giocatori sono scesi sotto i 12 anni, e cioè nell’età più debole: quando l’uomo deve essere formato, l’uomo viene guastato. Il giovane, infatti, che va nella sala gioco non ascolta più i genitori e apprezza lo Stato perché gli fa fare quello che vuole. E che cosa vuole? Giocare. Questi sono fatti gravissimi e noi li tocchiamo con mano. Il barista vicino alla mia casa ha tolto le macchine da gioco, perché ha detto: “Padre Rastrelli fa sacrifici per far lavorare i giovani e i giovani spendono gli stipendi qua dentro”. Dei fatti di Cremona, quindi, ce ne sono stati tanti, sebbene siamo in un’Italia dove la coscienza morale è praticamente soppressa.

D. – Qual è, secondo lei, il sistema più efficace per combattere il fenomeno dell’usura, legato alla ludopatia?

R. – Cerco di convincere la mamma e il papà che il valore della vita sono i figli. Non bisogna utilizzare l’usura, altrimenti muore tutto. E di fatti, chi non mi ha ascoltato non c’è più. Ci sono suicidi per questo. Cristiani, non dobbiamo diventare corrotti, perché il cristiano, se si corrompe, non c’è più.










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